Fontana di Trevi: Finocchiaro (Confedercontribuenti), pene durissime ai criminali dei beni culturali

“Fortunatamente la prima stima è che non dovrebbero esserci danni permanenti perché la vernice nera si è depositata tutto attorno al materiale di impermeabilizzazione, non sul marmo, e dovrebbe essere possibile rimuoverla senza danni permanenti. Il rischio è quando va sul marmo che è poroso”. Lo ha detto il sindaco di Roma Roberto Gualtieri. Adesso basta con questi irresponsabili di “ultima generazione”, giovani irresponsabili, ma responsabili di tentare di distruggere le bellezze del nostro Paese.  Alla Magistratura chiediamo l’applicazione di pene dure ed esemplari e a chi ama la natura e le bellezze italiane di isolare questi criminali in nome della difesa dell’ambiente.

Finocchiaro (pres. Confedercontribuenti): pubblica amministrazione inadeguata a utilizzare finanziamenti europei

Alla fine dello scorso dicembre l’Italia ha speso il 62% delle risorse fornite dai fondi strutturali europei della programmazione 2014-2020, collocandosi al penultimo posto della classifica Ue, peggio solo la Spagna (57%). È quanto emerge da un’analisi dei dati pubblicati sul portale Cohesion Data della Commissione europea, che coprono l’andamento delle allocazioni della programmazione 2014-2020. Questo dato e’ certamente drammatico per il nostro Paese e dimostra la inadeguatezza della nostra pubblica amministrazione nell’affrontare i temi della programmazione, della innovazione e nella creazione di “parchi” progetti idonei per utilizzare in maniera utile i finanziamenti del momento. A denunciare questa drammatica situazione il presidente di Confedercontribuenti, Carmelo Finocchiario.

Con la piena attuazione del Pnrr spinta del 3,4% al Pil 2026

L’impatto del Pnrr sul Pil si potrebbe tradurre in un 1% in più quest’anno, fino ad una potenziale spinta del 3,4% nel 2026, anno finale del Piano. È la stima contenuta nel Programma nazionale di Riforma allegato al Def. Nell’ipotesi di realizzazione integrale di tutti i progetti del Piano così come attualmente previsti, quest’anno il Pil risulterebbe più alto dell’1% rispetto allo scenario che non considera tali spese, nel 2024 la spinta sarebbe dell’1,8%, nel 2025 del 2,7%, nel 2026 del 3,4%. La valutazione considera solo le risorse per progetti aggiuntivi, non quelli che si sarebbero realizzati.

Istat, prezzi record per il ‘carrello della spesa’: a settembre +10,9%

Istat ritocca al ribasso le stime preliminari dei prezzi sul beni che compongono il carrello della spesa, limando il dato a +10,9% (nella stima preliminare era 11,1%). “Bisogna risalire ad agosto 1983 (quando fu pari a +11,0%) per trovare una crescita dei prezzi del “carrello della spesa”, su base annua, superiore a quella di settembre 2022 (+10,9%)” è il commento dell’Istat sulle stime definitive di settembre. “L’ulteriore accelerazione dell’inflazione su base tendenziale si deve soprattutto ai prezzi dei Beni alimentari (la cui crescita passa da +10,1% di agosto a +11,4%) sia lavorati (da +10,4% a +11,4%) sia non lavorati (da +9,8% a+11,0%) e a quelli dei Servizi ricreativi, culturali e per la cura della persona (da +4,6% a +5,7%).

“Accelerano i prezzi dei Beni alimentari, per la cura della casa e della persona (da +9,6% a+10,9%) e quelli dei prodotti ad alta frequenza d’acquisto (da+7,7% a +8,4%)” sottolinea l’Istat evidenziando poi che “nel terzo trimestre 2022 l’impatto dell’inflazione, misurata dall’IPCA, è più ampio sulle famiglie con minore capacità dispesa rispetto a quelle con livelli di spesa più elevati (+11,6%e +7,6% rispettivamente)”.  Il differenziale inflazionistico tra le famiglie meno abbienti e quelle con maggiore capacità dispesa “continua ad ampliarsi” avverte l’Istituto nazionale di statistica.

In misura minore dei beni del carrello della spesa, contribuiscono all’accelerazione dell’inflazione su base tendenziale, anche i prezzi dei Beni non durevoli (da +3,8% a+4,6%) e dei Beni semidurevoli (da+2,3% a +2,8%). Pur rallentando di poco, continuano a crescere in misura molto ampia, i prezzi dei Beni energetici (da +44,9% di agosto a+44,5%) sia regolamentati (da +47,9% a + 47,7%) sia non regolamentati (da +41,6% a +41,2%); decelerano anche i prezzi dei Servizi relativi ai trasporti (da +8,4% a +7,2%).

“Arriva la conferma del forte rimbalzo dell’inflazione a settembre: l’Istat certifica, confermando la stima preliminare, i livelli record trainati dai prezzi degli energetici che si diffondono agli altri beni ed in particolare al ‘carrello della spesa’. E secondo nostre stime, l’accelerazione dei prezzi proseguirà, con aumenti che si scaricheranno sulle prossime bollette, portando l’incremento dei prezzi ai livelli massimi dell’anno: il tasso di inflazione salirà nella media dei prossimi tre mesi ad almeno il 9,1%, oltre mezzo punto in più rispetto al già elevato dato del periodo estivo (+8,4%) e tre punti in più nel confronto con il periodo primaverile” osserva Confesercenti in una nota. “La continua crescita dei prezzi è insostenibile per famiglie ed imprese“, afferma la presidente Patrizia De Luise, “e ci preoccupano le ultime notizie che giungono da Bruxelles sul piano europeo per limitare i prezzi entro la fine dell’anno. Cittadini ed imprese non possono più aspettare, per questo attendiamo dal nuovo Governo un intervento drastico per porre un tetto agli aumenti delle tariffe di gas e luce, per difendere cittadini ed imprese da un pericoloso avvitamento economico”.

Povertà al massimo storico nel 2021: quasi 2 milioni di famiglie in indigenza assoluta

Povertà e disuguaglianza sociale in crescita.

Nel 2021 la povertà assoluta conferma i suoi massimi storici toccati nel 2020, anno di inizio della pandemia da Covid-19. Le famiglie in povertà assoluta risultano 1 milione 960 mila, pari a 5.571.000 persone (il 9,4%della popolazione residente).

Il testo del Rapporto Caritas “L’anello debole” prende in esame le statistiche ufficiali sulla povertà e i dati provenienti da quasi 2.800 Centri di Ascolto Caritas su tutto il territorio nazionale. “In riferimento all’età – si legge -, i livelli di povertà continuano ad essere inversamente proporzionali: la percentuale di poveri assoluti si attesta infatti al 14,2% fra i minori (quasi 1,4 milioni bambini e i ragazzi poveri), all’11,4% fra i giovani di 18-34 anni, all’11,1% per la classe 35-64 anni e al 5,3% per gli over 65 (valore sotto la media nazionale).

La fotografia della Caritas italiana sull’operato della rete sociale in favore degli ultimi registra quasi 1 milione e 500 mila interventi erogati nel corso del 2021. Una media di 6,5 interventi per ciascun assistito (considerate anche le prestazioni di ascolto).  L’incidenza si conferma più alta nel Mezzogiorno (10% dal 9,4%del 2020) mentre scende in misura significativa al Nord, in particolare nel Nord-Ovest (6,7% da 7,9%)”.

In particolare: il 74,7% ha riguardato l’erogazione di beni e servizi materiali (mense/empori, distribuzione pacchi viveri, buoni ticket, prodotti di igiene personale, docce, ecc.); il 7,5% le attività di ascolto, semplice o con discernimento; il 7,4% gli interventi di accoglienza, a lungo o breve termine; il 4,6% l’erogazione di sussidi economici (per il pagamento di affitti e bollette), il 2,2% il sostegno socio-assistenziale e l’1,5% interventi sanitari.

L’analisi della conversione degli interventi in euro mette in luce, tuttavia, che le erogazioni di sussidi economici, pur rappresentando solo il 4,6% degli interventi, assorbono oltre il 76% delle spese.

In difficoltà le famiglie con più figli

Tra il 2020 e il 2021 l’incidenza della povertà è cresciuta più della media per le famiglie con almeno 4 persone, i nuclei familiari con persona di riferimento di età tra 35 e 55 anni, i bambini di 4-6 anni, le famiglie degli stranieri e quelle con almeno un reddito da lavoro. È cresciuta meno della media per le famiglie piccole, con anziani, composte da soli italiani”.

Sul fronte lavoro emerge che più del 70% dei padri degli assistiti dalla Caritas risulta occupato in professioni a bassa specializzazione. Per le madri è invece elevatissima l’incidenza delle casalinghe (il 63,8%), mentre tra le occupate prevalgono le basse qualifiche. Il raffronto tra le due generazioni mostra che circa un figlio su cinque ha mantenuto la stessa posizione occupazionale dei padri e che il 42,8% ha invece sperimentato una mobilità discendente (soprattutto tra coloro che hanno un basso titolo di studio). Più di un terzo (36,8%) ha, invece, vissuto una mobilità ascendente in termini di qualifica professionale, anche se poi quel livello di qualifica non trova sempre una corrispondenza in termini di impiego (data l’alta incidenza di disoccupati) o un adeguato inquadramento contrattuale e retributivo, vista l’alta incidenza dei lavoratori poveri.

Fonte: Rainews