Nell’agrovoltaico due strade per meritare gli incentivi

In materia di agrovoltaico, le misure incentivanti attualmente in essere in ambito Pnrr trovano fondamento in due atti normativi, che divergono in merito alla natura dell’incentivo erogato, ai soggetti beneficiari e alle modalità dell’erogazione. Si tratta del decreto legislativo 199/2021 (come implementato dal Dl 13/2023, il decreto Pnrr, convertito nella legge 41/2023) e del decreto agrovoltaico, pubblicato con decreto ministeriale del 14 aprile 2023, attualmente in attesa del via libera da parte della Commissione europea.

Beneficiari, il decreto Pnrr

La misura incentivante prevista dall’articolo 8 del Dlgs 199/2021 individua quali soggetti beneficiari i titolari di impianti a fonti rinnovabili inseriti in configurazioni di autoconsumo collettivo (articolo 30) o in comunità energetiche rinnovabili (articolo 31), intese come associazioni composte da enti pubblici locali, aziende, attività commerciali o cittadini privati che scelgono di dotarsi di infrastrutture per la produzione di energia da fonti rinnovabili e l’autoconsumo attraverso modelli di condivisione.

L’articolo 47, commi 10 e 11, del Dl Pnrr ha poi ampliato lo spettro degli aventi diritto, includendo nel novero dei soggetti coinvolti tanto nelle comunità energetiche rinnovabili quanto nelle realità di autoconsumo collettivo elementi appartenenti al comparto agricolo (tra cui le cooperative agricole che svolgono attività di cui all’articolo 2135 del Codice civile).

Beneficiari, decreto Agrovoltaico

Quanto ai beneficiari, l’articolo 4 del decreto ministeriale individua i seguenti aventi diritto:

a) imprenditori agricoli ex articolo 2135 del Codice civile, in forma individuale ovvero societaria, società agricole come definite dal Dl 99/2004, consorzi costituiti da due o più imprenditori agricoli e/o società agricole o imprenditori agricoli, ivi comprese le cooperative agricole che svolgono attività di cui all’articolo 2135 del Codice. e le cooperative e/o consorzi di cui all’articolo 1, comma 2, del Dlgs 228/2001 e Ati agricole;

b) Ati che includano almeno uno dei soggetti di cui alla lettera a).

Incentivi

In base all’articolo 8 del decreto 199/2021, il beneficio è erogato in forma di tariffa incentivante attribuita alla sola quota di energia prodotta dall’impianto e condivisa all’interno della configurazione impiantistica di titolarità dei soggetti qualificati (comunità energetiche rinnovabili e realtà ad autoconsumo collettivo).

Viene poi specificato come per gli autoconsumatori di energia rinnovabile che agiscono collettivamente e le comunità energetiche rinnovabili, l’incentivo sia erogato solo in riferimento alla quota di energia condivisa da impianti e utenze di consumo connesse sotto la stessa cabina primaria. I punti di connessione facenti parte della configurazione impiantistica devono cioè essere ubicati nella porzione della rete di distribuzione sottesa alla stessa cabina primaria.

A livello di aiuti, invece, il decreto ministeriale prevede il riconoscimento di un doppio beneficio: un contributo in conto capitale nella misura massima del 40% dei costi ammissibili, per la cui concessione sono utilizzate le risorse finanziare erogate in ambito Pnrr; e una tariffa incentivante a valere sull’energia prodotta e immessa in rete, aggiuntiva rispetto ai contributi erogati nell’ambito Pnrr.

In questo contesto, vengono previsti due contingenti di potenza: un primo contingente da 300 MW destinato al solo comparto agricolo per impianti fino a 1 MW e un secondo contingente da 740 MW aperto anche alle Ati composte da almeno un soggetto del comparto agricolo per impianti di qualsiasi potenza. Per gli impianti rientranti nel primo contingente di potenza, l’accesso ai meccanismi incentivanti è subordinato alla iscrizione in appositi registri, mentre per gli impianti rientranti nel secondo contingente l’accesso agli incentivi è condizionato alla partecipazione a procedure pubbliche competitive.

Accesso agli incentivi

L’accesso e le modalità di erogazione degli incentivi sono disciplinati dall’articolo 8 del decreto, che sino all’approvazione del Dl Pnrr, datato 24 febbraio 2023, ne limitava il rilascio ai soli impianti di potenza inferiore a 1 MW entrati in esercizio successivamente all’entrata in vigore del decreto.

Il Dl Pnrr ha esteso il limite di potenza, disponendo che l’accesso agli incentivi sia concesso anche agli impianti ad energia rinnovabile, inclusi gli impianti agrovoltaici, di potenza superiore a 1 MW.

Per tale forma incentivante non è richiesta la preventiva iscrizione a bandi o registri e la domanda di accesso è presentata direttamente alla data di entrata in esercizio dell’impianto richiedente.

Con il decreto agrovoltaico, invece, l’accesso agli incentivi avverrà tramite partecipazione a procedure pubbliche, distinte in registri e aste, bandite dal Gse nell’arco del biennio 2023-2024.

La prima scadenza consisterà nell’approvazione, con decreto del Mase, delle regole operative per l’accesso ai meccanismi incentivanti entro 15 giorni dalla relativa data di entrata in vigore. Entro 30 giorni dalla stessa data, il Gse provvederà ad emanare il primo avviso pubblico per la partecipazione alle procedure competitive.

Per ciascuna procedura verrà garantito un periodo di apertura di 60 giorni, durante i quali i soggetti interessati potranno presentare domanda di accesso agli incentivi. Le graduatorie verranno poi pubblicate sul sito del GSE entro i 90 giorni successivi. I richiedenti dovranno garantire il rispetto di requisiti quali il possesso del titolo abilitativo alla costruzione e all’esercizio dell’impianto, il possesso del preventivo di connessione alla rete accettato in via definitiva e la continuità dell’attività di coltivazione agricola o pastorale sottostante l’impianto. Dovrà offrirsi, nell’istanza di partecipazione, una riduzione percentuale sulla tariffa di riferimento non inferiore al 2 per cento.

Secondo l’articolo 7 del decreto agrovoltaico le istanze di partecipazione alle procedure dovranno essere inviate al Gse tramite il sito www.gse.it, allegando l’offerta di riduzione della tariffa di riferimento, la documentazione sul rispetto dei requisiti, la cui valutazione assumerà particolare importanza in caso di superamento del contingente disponibile per ciascuna procedura.

Gli impianti in posizione utile dovranno entrare in esercizio entro 18 mesi dalla data di comunicazione dell’esito della procedura, e comunque non oltre il 30 giugno 2026. Non sarà consentito l’accesso agli incentivi a impianti che abbiano iniziato i lavori di realizzazione prima di aver presentato istanza di partecipazione alle procedure.

Riguardo al contributo in conto capitale, tutte le spese ammissibili dovranno essere comprovate con pagamenti effettuati con bonifico bancario.

FONTE: SOLE 24 ORE

Balacco (Resp. Politiche Fiscali Confedercontribuenti): Credito al consumo fuori dal Decreto Cura Italia

Confedercontribuenti protesta vivamente per la mancata previsione nel Decreto Cura Italia di alcuna norma di garanzia o di moratoria per il c.d. “Credito al consumo” ovvero delle rate per i soggetti che hanno fatto ricorso a forme di credito al consumo, anche con cessione del quinto dello stipendio o della pensione.
Al 31/01/2020  a Bankitalia risultavano in corso prestiti di questa natura per oltre 111 miliardi di cui € 3 miliardi con scadenza a un anno, € 34 miliardi con scadenze fra 3 e 5 anni ed € 74 miliardi con scadenze oltre i 5 anni.
Il tasso di interesse applicato su questi prestiti a gennaio è stato del 7,96%.
   Ci chiediamo come è possibile dimenticare di inserire in Decreto una moratoria per prestiti di tale amontare???
CONFEDERCONTRIBUENTI
Responsabile Nazionale Politiche Fiscali
Dott. Giuseppe Balacco

La Sospensione dei mutui prima casa. (decreto coronavirus)

Il Decreto Ministeriale del Ministero dell’Economia e delle Finanze del 25 marzo 2020, pubblicato sulla G.U. del 28 marzo 2020 n. 82, costituisce l’atto regolamentare attuativo della disciplina introdotta dall’art. 54 del D.L. 17 marzo 2020 n. 18 (cd. “Decreto Cura Italia”), con la quale è stato consentito anche ai lavoratori autonomi e ai liberi professionisti di avvalersi della facoltà di sospendere i mutui prima casa per un periodo massimo di 18 mesi.

Evitiamo di dilungarci in merito alle novità introdotte dall’art. 54 DL “Cura Italia”, perché abbiamo già approfondito l’argomento con l’articolo del 21 marzo u.s., denominato LA SOSPENSIONE DELLE RATE DEI MUTUI PRIMA CASA, cui per brevità ci ripotiamo

Ci preme, invece, analizzare i requisiti per ottenere la suddetta sospensione.

Innanzitutto, va sottolineato che la sospensione in questione spetta anche ai lavoratori dipendenti, non soltanto nei casi di cui all’art. 2, comma 3 del DM n. 132/2010, ma anche nei seguenti casi:

“i) sospensione dal lavoro per almeno 30 giorni lavorativi consecutivi; 

ii) riduzione dell’orario di lavoro per un periodo di almeno 30 giorni lavorativi consecutivi, corrispondente ad una riduzione almeno pari al 20% dell’orario complessivo”. 

La sospensione delle rate è graduata a seconda della gravità della sospensione lavorativa subita e, precisamente, si può ottenere la sospensione del mutuo fino a:

“a) 6 mesi, se la sospensione o la riduzione orario del lavoro ha una durata compresa tra 30 giorni e 150 giorni lavorativi consecutivi; 

b) 12 mesi, se la sospensione o la riduzione dell’orario di lavoro ha una durata compresa tra 151 e 302 giorni lavorativi consecutivi; 

c) 18 mesi, se la sospensione o la riduzione dell’orario di lavoro ha una durata superiore di 303 giorni lavorativi consecutivi”. 

È bene puntualizzare che, ferma restando la durata massima complessiva di 18 mesi, “la sospensione può essere reiterata, anche per periodi non continuativi, entro i limiti della dotazione del Fondo”(V. art. 1, 3° comma DM 25.3.2020). In tal caso il requisito richiesto è costituito da “copia del provvedimento amministrativo di autorizzazione dei trattamenti di sostegno del reddito, o la richiesta del datore di lavoro di ammissione al trattamento di sostegno del reddito”, o l’autocertificazione del datore di lavoro (ex DPR n. 445/2000),“che attesti la sospensione e/o riduzione dell’orario di lavoro per cause non riconducibili a responsabilità del lavoratore, con l’indicazione del periodo di sospensione e della percentuale di riduzione dell’orario di lavoro”(V. art. 1, 4° comma DM 25.3.2020)

Quanto ai lavoratori autonomi e ai liberi professionistiil requisito richiesto è, come detto, l’autocertificazione, resa ai sensi degli artt. 46 e 47 del DPR n. 445/2000 “di aver registrato, nel trimestre successivo al 21 febbraio 2020 e precedente la domanda ovvero nel minor lasso di tempo intercorrente tra il 21 febbraio 2020 e la data della domanda qualora non sia trascorso un trimestre,un calo del proprio fatturato medio giornaliero nel suddetto periodo superiore al 33% del fatturato medio giornaliero dell’ultimo trimestre 2019, in conseguenza della chiusura o della restrizione della propria attività operata in attuazione delle disposizioni adottate dall’autorità competente per l’emergenza coronavirus”. 

È bene puntualizzare che è necessario attestare, con autocertificazione, “un calo del proprio fatturato medio giornaliero (…) superiore al 33% del fatturato medio giornaliero dell’ultimo trimestre 2019, ovviamente in conseguenza della chiusura o della restrizione dell’attività conseguente alla normativa emergenziale adottata dallo Stato italiano per l’emergenza coronavirus, senza necessità di allegare l’ISEE.

Quindi, ricapitolando, in caso di lavoratori dipendenti è necessaria “la sospensione o la riduzione dell’orario di lavoro”, mentre invece per i lavoratori autonomi e i liberi professionisti è necessario il “calo del proprio fatturato medio giornaliero (…) superiore al 33% del fatturato medio giornaliero dell’ultimo trimestre 2019”.

La sospensione di cui possono beneficiare i lavoratori autonomi e i liberi professionisti è regolata dall’art. 2 comma 4° DM 132/2010, secondo cui: La sospensione del pagamento delle rate di mutuo si applica anche ai mutui:

a)  oggetto di operazioni di emissione di obbligazioni bancarie garantite ovvero di cartolarizzazione ai sensi della legge 30 aprile 1999, n. 130; 

b)  erogati per portabilità tramite surroga ai sensi dell’articolo 120-quater del testo unico di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, che costituiscono mutui di nuova erogazione alla data di perfezionamento dell’operazione di surroga; 

c)  che hanno già fruito di altre misure di sospensione del pagamento delle rate purché tali misure non determinino complessivamente una sospensione dell’ammortamento superiore a 18 mesi”.

Sotto quest’ultimo profilo l’art. 5 comma 3 del DM 25/3/2020 precisa che, ai fini del rispetto del suddetto limite massimo di 18 mesi del periodo di sospensione, “non si tiene conto delle sospensioni già concesse su mutui per i quali, all’atto della presentazione dell’istanza, sia ripreso, per almeno tre mesi, il regolare ammortamento delle rate di mutuo”

Fonte: Bancheepotere.it

Misure per la liquidita’ alle imprese – sportellobanche@confedercontribuenti.it

La Associazione bancaria italiana (Abi) ha emanato una circolare datata 24 marzo 2020 sulle misure a sostegno della liquidità per le imprese danneggiate da Covid-19 contenute nel decreto legge 17 marzo 2020, n. 18. Il decreto ha introdotto una serie di disposizioni a sostegno della liquidità delle imprese danneggiate dall’emergenza epidemiologica. In particolare,l’Abi ha fornito prime istruzioni sulla moratoria straordinaria dei prestiti e delle linee di credito concesse da banche e intermediari finanziari a micro, piccole e medie imprese e sui nuovi interventi del Fondo di garanzia per le Pmi.

In particolare ha illustrato i principali aspetti delle misure di sostegno al credito, coordinandosi con alcune prime indicazioni fornite dal ministero dell’Economia e delle finanze con specifiche Faq del 22 marzo 2020, pubblicate in risposta alle richieste di chiarimenti avanzate proprio anche dall’Abi. Relativamente alle misure di sostegno finanziario (articolo 56, comma 2) anche in base alle risposte del Mef, l’Abi ha precisato che il rimborso dei prestiti non rateali che scadono prima del 30 settembre 2020 sarà quindi posticipato, senza alcuna formalità, al 30 settembre 2020, alle medesime condizioni; gli eventuali elementi accessori al contratto di finanziamento sono prorogati coerentemente senza formalità.

Sul punto l’Abi ha precisato che nella proroga per «elementi accessori» si devono intendere tutti i contratti connessi al contratto di finanziamento, tra i quali, in particolare, garanzie e assicurazione (nonché i contratti in derivati) Tutti questi contratti saranno quindi prorogati senza formalità. Lo stesso meccanismo di proroga automatica verrà applicato anche per le aperture di credito a revoca e per i prestiti accordati a fronte di anticipi sui crediti esistenti. Infine è stato chiarito che il periodo di sospensione dai pagamenti comprende anche le rate in scadenza il 30 settembre 2020, ossia le rate in scadenza al 30 settembre non dovranno essere pagate.

Riguardo ai soggetti beneficiari delle misure di moratoria l’Abi ha ricordato che potranno richiedere queste misure le micro, piccole e medie imprese (Pmi), con sede in Italia, appartenenti a tutti i settori, come definite dalla Raccomandazione della Commissione europea 2003/361/CE del 6 maggio 2003, che hanno subito in via temporanea carenze di liquidità per effetto dell’epidemia. QLa platea: Pmi,vale a dire le imprese con meno di 250 dipendenti e con fatturato inferiore a 50 milioni di euro oppure il cui totale di bilancio annuo non supera i 43 milioni di euro; lavoratori autonomi titolari di partita Iva tra cui i professionisti e le ditte individuali.

Per usufruire delle misure di favore i beneficiari non devono avere posizioni debitorie classificate dalla regolamentazione bancaria come esposizioni deteriorate, ripartite nelle categorie sofferenze, inadempienze probabili, esposizioni scadute e/o sconfinanti deteriorate.

Inoltre i “candidati” non potranno avere rate insolute anche parzialmente da oltre 90 giorni.

Per ottenere la moratoria i beneficiari dovranno inviare una specifica richiesta via Pec, oppure attraverso altre modalità che consentano di tenere traccia della comunicazione con data certa, autocertificando di aver subito in via temporanea carenze di liquidità quale conseguenza diretta della diffusione dell’epidemia da Covid-19. Le banche saranno tenute ad accettare le comunicazioni di moratoria se rispettano i requisiti, ma non dovranno verificare la veridicità delle autodichiarazioni effettuate dalle imprese.

fonte: Ilsole24ore.com

Nuove imprese a tasso zero

“Nuove imprese a tasso zero” ha l’obiettivo di sostenere, in tutta Italia, la creazione di micro e piccole imprese composte in prevalenza da giovani tra i 18 e i 35 anni oppure da donne di tutte le età.

Prevede il finanziamento a tasso zero di progetti d’impresa con spese fino a 1,5 milioni di euro e può coprire fino al 75% delle spese totali ammissibili. Per il 25% residuo, si richiede il cofinanziamento da parte dell’impresa, con risorse proprie o mediante finanziamenti bancari.

La dotazione finanziaria è di circa 150 milioni di euro, le agevolazioni saranno concesse fino a esaurimento dei fondi.

“Nuove imprese a tasso zero” è una misura a sportello, le domande sono valutate in base all’ordine cronologico di arrivo e non ci sono graduatorie.

Cosa finanzia

Sono finanziabili le iniziative per:

  • produzione di beni nei settori industria, artigianato e trasformazione dei prodotti agricoli
  • fornitura di servizi alle imprese e alle persone
  • commercio di beni e servizi
  • turismo

Possono essere ammessi anche progetti riconducibili a settori di particolare rilevanza per lo sviluppo dell’imprenditorialità giovanile, nella filiera turistico-culturale e relativi all’innovazione sociale.

 o un rimborso agevolato che parte dal momento del completamento del piano di investimenti, da realizzare entro 24 mesi dalla firma del contratto. La durata massima del piano di rimborso è di 8 anni con pagamento di due rate semestrali posticipate.

Grazie alla Convenzione tra ABI, MISE e Invitalia, le imprese beneficiarie possono realizzare i programmi di spesa ammessi alle agevolazioni sulla base di fatture di acquisto non quietanziate, consentendo tempi di realizzazione più rapidi, un impegno finanziario meno oneroso e un pagamento più veloce dei fornitori.