Paolo De Carlo: un Uomo, un Combattente di Confedercontribuenti Puglia contro l’usura bancaria

 

Come le banche truffano i clienti con usura e anatocismo. Noi di Confedercontribuenti lottiamo da sempre questa piaga. Ci spieghi?

Le banche non nascono truffatrici ma come si suol dire l’occasione fa l’uomo ladro, quindi è la gestione dell’uomo che porta a compiere atti non sempre leciti, e questo purtroppo accade molto più spesso nelle banche che per natura dovrebbero avere carattere mutualistico come le popolari e le bcc.. L’usura, l’anatocismo e altri fenomeni correlati, quali l’addebito di spese e competenze non dovute, sono tipiche di una gestione dei peggiori imprenditori che vogliono trarre il massimo senza grandi sforzi, grandi responsabilità di valutazione in capo ai direttori di filiale. Sono passati con Basilea a carico di programmi e software per cui è stato premiato non il piccolo imprenditore ma le grandi aziende con un travaso di sangue che ora, noi di CONFEDERCONTRIBUENTI, cerchiamo di invertire.


Forse non tutti sanno che se un contratto bancario è  usurato all’origine o successivamente, è invalido e l’unico importo dovuto alla banca è il capitale prestato (art. 1815 Codice civile). Spiegaci.

L’esame di un contratto bancario non è semplice e deve essere effettuato con  attenzione solo da persone preparate. Infatti alcune clausole potrebbero rendere il contratto inutilizzabile ed invalidarlo. La clausola nulla rende nulla quella particolare pattuizione e il contratto potrebbe risultare gratuito. A volte però l’intero atto per sorte capitale ed interesse potrebbe risultare nullo nei confronti del sottoscrittore ed in caso di fideiussione nei confronti dei fideiussori, in rif. all’usura recenti arresti giurisdizionali hanno cercato di invalidare quella sopravvenuta tipica degli affidamenti di c/c, ma anche qui proprio le  normative di Banca d’Italia, la buona fede contrattuale, le modifiche unilaterali ed altri piccoli cavilli possono aprire grandi invalidità a volte anche più pericolose della stessa semplice usura.

Il combinato disposto  della Legge 108/96, del 1815 c.c.,  del 644 c.p. e Legge 3/2012 è stato emanato dal Legislatore per punire penalmente e civilmente il reato di usura ed  in tutela della vittima consentendo la sua esdebitazione, ma anche qui occorre conoscere la materia e non avventurarsi.


L’Art. 644 Codice Penale cita: 

Chiunque, fuori dei casi previsti dall’articolo 643 si fa dare o promettere, sotto qualsiasi forma, per sé o per altri, in corrispettivo di una prestazione di denaro o di altra utilità, interessi o altri vantaggi usurari, è punito con la reclusione da due a dieci anni e con la multa da euro 5.000 a euro 30.000.

Le pene per i fatti sono aumentate da un terzo alla metà:

  1. 1) se il colpevole ha agito nell’esercizio di una attività professionale, bancaria o di intermediazione finanziaria mobiliare.

E quindi i bancari e i banchieri vanno in carcere?

Purtroppo sono ancora pochi i casi in cui abbiamo assistito al rinvio a giudizio di esponenti bancari perché molto spesso non si ravvisa il dolo ovvero la volontà di voler compiere il reato, ma la casistica, le denunce e la tenacia della vittime di usura bancaria tentano in continuo di cambiare questo atteggiamento al perdono che in realtà è stato anche prima delle modifiche imposte dalla 108/96 e del 644c.p.. Basti pensare che prima il livello oggettivo dell’usura era discrezione del p.m. e basato sullo stato di bisogno, oggi la legge ha imposto un limite oggettivo dato dal Tasso Soglia  ma ancora una volta non si capisce bene chi debba farlo rispettare ed in quale sede.

Purtroppo bisogna ammettere l’ignoranza di molti P.M. nel settore della matematica finanziaria e sempre più spesso assisto a perizie redatte da CT dei P.M. che rasentano il ridicolo ed il falso, VI È LA NECESSITÀ DI STABILIRE  CHE IL PERITO DEVE FAR CONOSCERE LA VERITÀ , ma spesso il CT è CT in sede penale e delegato alla vendita in sede civile.

ANCHE QUI CONFEDERCONTRIBUENTI deve essere pronta a fare la sua parte denunciando tanto le false perizie quanto coloro (periti ed avvocati) che cambiano casacca a seconda del cliente che difendono affermano tesi ed ipotesi uguali od opposte  a seconda se difendono una banca o un debitore.


Ci sono ormai moltissimi studi legali e associati che si occupano anche di queste problematiche, chiedendo talvolta delle parcelle proibitive per procedere a una perizia. Che fare?

Fidarsi di gente capace, diffidare di coloro che promettono risultati senza neanche spiegare i motivi di invalidità dei rapporti,  facili risultati e promesse da marinaio


C’è anche l’altra faccia della medaglia: le false perizie. Ci spieghi?

Le false perizie redatte  per chi e da chi? Se di false perizie si parla di quelle redatte da Società o commercialisti basate sulla somma dei tassi (corrispettivi e moratori) allora sono pericolose e conviene che nessuno convenga in giudizio, se invece di false perizie sono quelle,  come innanzi detto, redatte dai CTU bisogna chiedere di convocare in giudizio il CT e chiedere in quale manuale di finanza ha pescato le  formule di matematica applicate. A Bari vi è un CT che spesso scrive nelle perizie: “ A mio sommesso parere” come si ci trovassimo davanti ad un matematico come Pitagora o Newton! Peccato che le formule adottate rasentano il ridicolo come quelle che vedono quella famosa maggiorazione dei 2,1 p.p. dettata da una statistica di Banca di Italia, oppure un’altra che ricordo è l’affermazione di un CTU penale che dichiarava nei calcoli l’applicazione del tasso del 470 %, ma non ravvedeva il dolo perché secondo lui la banca non aveva concesso credito. Eppure le formule matematiche sono ben precise e se non vi è affidamento o scopertura quali Numeri ha utilizzato nelle formule?


La Direzione Nazionale di Confedercontribuenti sta preparando una campagna politica e informativa sull’argomento. Dialogare con gli organi legislativi,  governativi e giudiziari sarebbe il successo. Non credi?  

Tutto quello che viene fatto è utile alla comprensione del fenomeno ma le lotte devono interessare tutti  senza distinzione di colore, la legge dell’usura è del ’96  e ancora si parla d interpretazione. Abbiamo valide leggi per il sovra indebitamento ma spesso viene scambiato per un fallimento ed i Giudici insistono nella vendita del bene quando la legge dice l’esatto contrario; procedure esecutive che durano 20 anni e più e non vengono chiuse alla 3^ asta; le vendite di immobili a prezzo vile solo per pagare le procedure e non i creditori, tutele disattese anche per la prima casa; modifiche assurde del governo precedente all’esecuzione in barba ai più elementari diritti. Questo deve assolutamente essere rappresentato ai nostri politici bianchi, rossi o verdi che siano.


 

Tornare a vivere grazie alla legge “salva suicidi”. L’opinione dell’avvocato Vera Leanza

di Livio Mario Cortese

Le possibilità della legge sul sovrindebitamento chiarite da un’esperta del settore.


Ammontava a 240mila euro il debito contratto da un quarantenne di Parma per l’acquisto di una casa. L’applicazione della legge sul sovraindebitamento ha permesso la riduzione a 160mila euro e la rateizzazione in 30 anni: rate poco superiori a 300 euro mensili. La notizia dei primi di Agosto, divulgata dalla stampa nazionale, è un caso notevole di applicazione della legge n. 3 del 27 gennaio 2012 (nota anche come “salva suicidi”), già avvenuto nel 2016 a beneficio di una famiglia i cui oneri mensili superavano il reddito. All’avvocato Vera Leanza, catanese, specificamente versata nel settore, il Quotidiano dei Contribuenti ha chiesto lumi sulla natura di questo provvedimento legale: chi può effettivamente beneficiarne? “E’ rivolta innanzitutto alle famiglie che non riescono più a far fronte ai propri impegni finanziari”, spiega l’avvocato, delineando il quadro sociale che conduce a contrarre debiti sempre più ingenti. “È insito nella nostra cultura, conquistato il posto fisso, stipulare un mutuo per l’acquisto di una casa, un finanziamento per una macchina o piccoli prestiti per esigenze familiari. Se quel che guadagniamo ci consente di affrontare regolarmente i nostri debiti e vivere dignitosamente, la scelta è ragionevole”. Circostanze imprevedibili possono però stravolgere un simile equilibrio, per sua natura non esente da rischi: “Una malattia in famiglia che richiede spese mediche ingenti, la perdita del lavoro da parte d’uno dei percettori di reddito, una separazione: improvvisamente ci ritroviamo, di là dalle nostre previsioni, ‘sovraindebitati’. Allora cerchiamo, per spirito di sopravvivenza, di contrarre altri prestiti per riuscire a pagare i precedenti”. Ma esiste un effettivo abuso nel meccanismo di prestiti e rateizzazioni? “È noto come banche e finanziarie talvolta concedano con ‘leggerezza’ finanziamenti carichi di interessi, spese istruttorie e assicurazioni varie, senza considerare le reali possibilità di restituzione: il reale guadagno risiede infatti nella cartolarizzazione dei crediti piuttosto che nella restituzione di quanto concesso”. Si tratta di un procedimento col quale i crediti vengono trasformati in titoli negoziabili sul mercato. Il paradosso –fin troppo comune- per cui il totale delle rate supera le entrate mensili, determina un conseguente inasprimento delle condizioni di vita, tra solleciti di pagamento ed angosce crescenti che non di rado arrivano a smantellare rapporti familiari e considerazione di se stessi, fino a gesti avventati. Ma il problema, su scala più ampia, può coinvolgere coinvolge anche imprese, enti privati e start-up: non è allora raro il ricorso a soluzioni di malaffare. Come muoversi in seno alla legge? “Rivolgendosi ad un Organismo di Composizione della Crisi. Esso accoglie la domanda e nomina un Gestore competente, sorta di tutor del debitore, che ne esamina la reale situazione debitoria e le relative cause valutando quanto occorra al soggetto ed alla sua famiglia per vivere. Redige quindi un piano di ristrutturazione dei debiti che, ricorrendo le condizioni, potranno anche essere abbattuti o dilazionati nel tempo, rispettando gli interessi dei creditori”. Il piano di ristrutturazione dei debiti, presentato in Tribunale, dev’essere poi verificato dal giudice; maggior peso ha il parere dei creditori nel caso di aziende ed attività imprenditoriali. Tutto in nome di un equilibrio tra le parti. Perché quindi ha fatto discutere la sentenza di Parma? “Per la lunghezza del piano di rientro, alla luce degli orientamenti ben più restrittivi della maggior parte dei tribunali italiani. La media è tra cinque ed otto anni, altre volte sono concesse rateizzazioni pluridecennali e con esse la possibilità di costruire rate più accessibili. Finché non esisteranno linee guida nazionali più uniformi, assisteremo ad applicazioni della ‘legge salva suicidi’ troppo difformi in base al Tribunale di competenza”. Non si tratta, d’altra parte, soltanto d’una serie di conteggi o dell’applicazione di procedure: l’avv. Leanza tiene a diffondersi sulla delicatezza dei compiti di un Gestore competente. “È un percorso difficile, soprattutto dal punto di vista emotivo. La persona si ritrova a prendere atto degli sbagli commessi, arriva alla conclusione di aver fallito. Per questo deve trovarsi accanto non solo professionisti, ma soprattutto umanità: non ultimo, da parte dei magistrati che non possono ignorare la finalità di questa legge e i comportamenti scorretti perpetrati dagli istituti finanziari negli ultimi decenni”. Una questione di dignità, insomma, che richiede forti prese di responsabilità. “Mi piace immaginare questa legge come una madre giunonica, protettiva ma anche autoritaria: che ti viene in soccorso imponendoti, di contro, sacrifici necessari per il tuo bene”, riassume in modo efficace l’avv. Leanza, ricordandoci l’antica immagine della Giustizia severa ed armonica ma, si spera, non priva di comprensione per le vicende umane.


 

Così l’impresa italiana potrebbe ripartire – l’analisi di un imprenditore, Giovanni Mangano

di Livio Mario Cortese

Giovanni Mangano, imprenditore, analizza le cause dell’attuale crisi delle imprese italiane, delineando possibili vie d’uscita.

Ricostruire l’eccellenza italiana”: il tema è arduo, ma non è una formula astratta quella di Giovanni Mangano, imprenditore nel settore sanitario. “Intanto si parte da un’idea falsata”, lamenta Mangano, “cioè dal presupposto che un datore di lavoro tenda ad approfittare degli operai, evada le tasse e non reinvesta gli utili”.

Quanto c’è di vero? “Beh, l’ ‘ansia di status’ accomuna moltissime persone, magari c’è chi non ha da mangiare ma insegue l’ultimo modello di smartphone… Ma molti imprenditori hanno gran parte dei beni  ipotecati e continuano a rischiare sperando di poter estinguere i debiti: gli stessi dipendenti li apprezzano”.

Sembra indubbia l’esistenza di meccanismi che generano prevenzioni da ambo le parti: non sono rare le vertenze a fini speculativi. Alla tradizione artigianale italiana guarda il dott. Mangano, individuando nei processi di delocalizzazione l’inizio del declino per le imprese nazionali: “Dagli ani ’80 tali soluzioni hanno portato vantaggi momentanei, soprattutto alleggerendo dalla pressione fiscale. Ma abbiamo sacrificato anche la qualità di prodotti che solo i nostri artigiani sanno mantenere alta”.

D’altronde, oggi, imprenditori cinesi investono nelle manifatture italiane, producendo in Italia –con operai connazionali- per poi vendere in patria. “Da qui dovremmo ripartire”.

Ma nella pratica?  “Sfruttare le competenze individuali e ciò che offre il territorio. Individualità e piccoli gruppi ci stanno riuscendo, operando nel ramo delle coltivazioni biologiche e nella maglieria di lusso, con manodopera italiana: del resto per gli italiani si tratta solo di manifestare capacità innate”.

Il piano economico, osserva l’imprenditore catanese, appare attraversato da una profonda mancanza di fiducia: “L’italiano medio non vuole pagare le tasse ai politici ritenuti ladri, questi lamentano la disonestà della popolazione. D’altronde gli economisti di sinistra –area alla quale peraltro mi sento di appartenere- sostengono che l’evasione fiscale sia sempre intenzionale, senza analizzarne le cause in dettaglio”.

Esclusa la malafede, il discorso è ampio: “Negli ultimi dieci anni gli enti pubblici tendono a non pagare gli imprenditori, mentre le banche tendono a privilegiare, rispetto al credito, l’aspetto finanziario maggiormente redditizio. Dal canto suo, la politica ha rinunciato ad occuparsi di regolamentare gli istituti di credito”.

A tali condizioni un cerchio sembra stringersi attorno all’imprenditoria: “C’è chi dichiara tutto ciò che deve pagare, ma poi non riesce: questo non è essere evasori, anche un Salvini l’ha recentemente affermato”.

Allora chi andrebbe perseguito? “Chi volutamente elude le tasse o si rifiuta di pagarle, magari creando aziende fantasma per accaparrarsi fondi comunitari”

Quale la via d’uscita possibile? “La fiducia, secondo me. Vedo un possibile accordo tra imprenditori onesti, che abbiano a cuore l’Italia e le sue eccellenze produttive. Cittadini, banche e governo devono cooperare assumendosi le proprie responsabilità”.

Alla luce di una tale analisi, Giovanni Mangano articola su due punti le proprie proposte: il primo riguarda la fiscalità: “Si riaprano i tempi di rottamazione delle cartelle esattoriali, con la possibilità –tolte tutte le sanzioni- di pagare il dovuto con un quinto del reddito personale o di azienda: questo ridarebbe ossigeno agli imprenditori, magari riducendo il tasso dei suicidi”. La pressione fiscale andrebbe poi ridimensionata relativamente alle aliquote applicate, l’IRPEF e soprattutto l’IVA: “Se la riducesssimo dal 22 al 15%” potremmo avere più liquidità, ma naturalmente dobbiamo fare i conti con tutto il gettito fiscale che serve per avere, per esempio, l’assistenza sanitaria gratuita. Un altro punto riguarda il condono bancario, fa ancora notare Mangano: “Oggi è prassi comune che una qualunque banca venda i propri crediti deteriorati ad altri istituti che li pagano tra il 10 e il 20% del proprio valore: questo serve a recuperare i crediti stessi. Ora, partendo dal presupposto che le banche dovrebbero dare ai cittadini una possibilità di salvezza e non certo affossarli…  proponiamo che queste banche, prima di vendere a terzi, diano ai cittadini l’opportunità di ‘acquistare’ i propri debiti al 5% del valore dato dalla banca che invece li acquisirebbe”. Di fatto questa procedure ridurrebbe di tre quarti tali debiti: su scala nazionale si può immaginarne l’effetto.

Enzo Pisano: un combattente, un fiero Uomo di Confedercontribuenti Campania

 

Imprenditore nell’azienda di famiglia. La tua vita spesa per il lavoro. Raccontaci.

Il lavoro ė sempre stato una passione. Lavorando nel campo dell’abbigliamento, soprattutto femminile, la mia curiosità è stata sempre cercare di capire quali fossero i desideri delle donne, se le mode fossero dettate da un leader d’opinione, oppure fossero un desiderio indotto da diversi fattori sociali, storici, che all’improvviso scatenano la voglia di un determinato prodotto, il desiderio di un oggetto o di un abito. Ho iniziato a lavorare nel 1975 nell’azienda paterna, dove avendo le spalle coperte, giravo tutta l’Italia per portare a Napoli i prodotti piú particolari e innovativi.

L’Italia, la sua economia ed il Cis di Nola, difficoltà e rabbia. Raccontaci.

Nel 1986, mi sono trasferito al Cis di Nola, creando una nuova azienda. Gli anni dal 1978 al 1989, come diversi studi hanno analizzato, sono stati quelli in cui l’Italia ha raggiunto l’apice del benessere.

Io ho goduto di “questa improvvisa felicitá”, ed ero assalito dalla folla dei clienti, come la maggior parte dei commercianti del Cis. Ma già nel 1992, cominciai a notare il cambiamento che inesorabile avanzava.

La globalizzazione, per noi, dava i primi segnali. Se prima bastava recarsi a Prato o a Carpi per attirare clienti, adesso non era più cosí. Solo “creando” un prodotto alternativo, si riusciva ad entrare sul mercato. Pertanto producendo anche maglieria, invece di comprarmi la barca, comprai una Stoll, la macchina dei miei sogni, per produrre maglie innovative. Quando cominciò ad avanzare la concorrenza cinese, i migliori fornitori cominciarono ad avere problemi e anche le mie maglie cominciarono a non avere piú mercato.

Inoltre nel Cis, abbiamo avuto tanti problemi e il più grande è stato soprattutto la volontá di chi lo governava di portarlo al fallimento per appropriarsi di 100 mila mq. di aree gratis.  I miei problemi sono nati per un mutuo di cui ci avevano promesso la rinegoziazione, che ci hanno rifiutato la sera prima di andare in tribunale per fare la desistenza che ci avevano garantito.

Li ho voluti sfidare ed ho perso.


Come hai conosciuto Confedercontribuenti?

La situazione del Cis è stata devastante. Ho chiesto aiuto a tanti, ma solo un Uomo ha risposto alla mia richiesta di aiuto: Carmelo Finocchiaro, il Presidente di Confedercontribuenti.  Gli inviai un messaggio e il giorno dopo, mentre ero in attesa della funicolare di Mergellina, mi chiamò, gli dissi che era una cosa complicata e non dimenticherò mai la sua risposta: “A noi di Confedercontribuenti, piacciono le cose difficili”. Dopo solo una settimana portó me e Consolato Cinque dal sottosegretario De Vincentis per esporre la complicata vicenda del Cis di Nola. Una soddisfazione enorme.


Confedercontribuenti: combattere e non arrendersi. 
Credo che per le qualitá del suo Presidente, dell’uomo e per le istanze che rappresenta, nonché per le energie personali e professionali di tutta la squadra associativa italiana, Confedercontribuenti dovrebbe trasformarsi in un partito politico, nel senso teorico e pratico del termine cioè che si occupa del bene del cittadino. Oggi che sono svanite le ideologie, c’é bisogno di chi comprende i veri problemi della gente e se il governo che ci rappresenta é composto da tanti “bravi ragazzi”, che non hanno nessuna competenza specifica, tanto vale scendere direttamente in campo.
Sì, Confedercontribuenti è una realtà che combatte e non si arrende portando avanti obiettivi di giustizia: sono onorato di farne parte e di contribuire nel migliore dei modi possibili.

Napoli, l’Italia. Speranze e obiettivi per il futuro?

Il futuro di Napoli in particolar modo in questo momento, dá tanti segnali positivi, le presenze turistiche, che fino a 15 anni fa erano impensabili, fanno ben sperare. Purtroppo, la politica nazionale oggi é cosí avara di talenti; basta pensare che dopo il concorrente de “La ruota della fortuna”, oggi governano un ex steward ed un ex camicia verde urlatore.

Ma non voglio recriminare: voglio lanciare un messaggio di speranza.

Nonostante dure avversità con il Cis di Nola, le battaglie condotte che sfiancano, le giornate che corrono e l’economia che ha necessità di una risalita per il bene di famiglie ed imprese, sono orgoglioso di credere ancora che una soluzione esiste, che fare squadra, che impegnarsi, sia l’unico modo per risorgere come popolo, con la nostra identità geniale e creativa che ha contraddistinto da sempre il nostro Made in Italy nel mondo. Con energia ed entusiasmo risaliremo la china. Lo dico con la stessa forza che ho messo e metto nel mio lavoro e nella mia vita. Ci credo fermamente.


 

Un guerriero, un combattente, un uomo di Confedercontribuenti: Consolato Cinque

Sei il nostro Coordinatore nazionale: hai preso l’azienda di tuo padre, l’hai fatta crescere e trasmessa a tuo figlio. Quali sono i tuoi valori? Raccontaci un po’ di te.

Sono figlio di un vecchio commerciante, che aveva una piccola attività di commercio di pellami nel centro storico, che con dedizione curava ogni minimo dettaglio della sua attività, fondata nel 1949. Ricordo ancora l’odore della bottega e i sacrifici di mio padre.

Successivamente, arrivammo io ed i miei fratelli che abbiamo proseguito l’attività diventando un po’ alla volta un punto di riferimento per gli artigiani di pelletteria di tutta Napoli, curando la selezione delle merci, fidelizzando il Cliente che in noi trovava competenza, ampia offerta e soluzioni. Abbiamo trasformato una piccola bottega in un’area di 1700 mq di capannoni proponendoci anche come rivenditori di macchine per pelletteria. Adesso in azienda ci sono anche mio figlio e mio nipote: da generazione in generazione, con la visione di miglioramento continuo sempre in primo piano. I miei valori? Onestà, determinazione, lealtà, spirito di sacrificio, apertura al confronto.

Spesso si pensa che un’azienda a carattere famigliare sia minore rispetto ad un’azienda con un amministratore delegato. Io penso di no. Tu?

Negli Stati Uniti un’impresa che ha il carattere di azienda a conduzione familiare è un plus valore. Significa accortezza, impegno, riguardo affinché il cliente sia di casa. Credo, inoltre che nessuno possa fare gli interessi di un’azienda, meglio di un titolare, che per traslazione fa di tutto per i propri clienti. Ma dev’essere un titolare lungimirante, capace di tracciare una strada che porti lontano e non si ponga confini, con pianificazione e target definiti e chiari.

Ci sono stati ostacoli nella tua vita. Come li hai superati e superi ogni giorno?

Ci sono e ci saranno sempre. Ma se visti con occhi propositivi, si trasformeranno sempre in possibilità e opportunità di crescita. Personalmente li supero, con la convinzione e la testardaggine di chi conosce bene il proprio mestiere ed una forte dose di autostima che non significa arroganza, significa consapevolezza di me stesso. Per esempio mi metto in discussione ogni giorno: sono appassionato di tecnologia e tale passione mi è stata di grande aiuto per introdurre anche il commercio dei macchinari, che in azienda sono oggi tutti elettronici.

La vicenda del Cis di Nola quanto ti ha segnato nel piano umano e imprenditoriale? 

Mi ha segnato profondamente.

Ad un certo punto infatti la nostra impresa è caduta nella trappola di Punzo ed è stata dichiarata fallita.

Ostinati e volenterosi , non essendo un fallimento “commerciale” ma in cui era coinvolto solo il mancato pagamento del Leasing, abbiamo ritrovato la fiducia dei nostri clienti e fornitori. Stiamo rilanciando l’attività adesso suddividendola in due location: un negozio in Napoli a via Cirillo (culla del settore nel dettaglio) ed un capannone a Casandrino, diventato un punto strategico per l’ingresso pellami. Intorno vi sono tante fabbriche e rivenditori di accessori con cui abbiamo creato una rete di impresa importante. Se da un verso ci siamo ripresi, dall’altro ho imparato anche che è faticoso battersi quando ti scontri con certi poteri forti. Ci abbiamo provato anche con l’aiuto di Confedercontribuenti, che ho conosciuto in questa occasione e che ci ha messo la faccia. Ma non dispero. Ritengo sia meglio pensare subito al da farsi per il lavoro, e poi, come sto facendo, occuparmi anche di avere giustizia, sempre con il prezioso aiuto di Confedercontribuenti che mi è stata vicino sin dal primo momento.

Il tuo sogno personale e il tuo obiettivo professionale: raccontaci.

Ovviamente il mio sogno segreto è quello, come dicevo prima, di avere giustizia. L’obiettivo professionale, è quello di riportare l’impresa agli antichi splendori, per consegnarla sana e forte nelle mani di mio figlio e mio nipote, che in questo momento collaborano attivamente a questo scopo.

Sei un combattente, un guerriero, una persona perbene. Cosa farà sotto il tuo coordinamento, Confedercontribuenti Imprese?

Metterò la mia esperienza di numerosi anni di lavoro, al servizio di Confedercontribuentimprese per le imprese che richiederanno informazioni e aiuto sui vari problemi che si presentano nel corso di un’attività commerciale, con suggerimenti pratici da chi l’esperienza l’ha acquisita sul “campo”. Proposte fatte da una persona “comune” che certe situazioni  le conosce per averle vissute sulla propria pelle.

Ci interfacceremo con la politica e il governo in materia di leggi e tributi: attivi politicamente, faremo le nostre proposte per il diritto ad un’economia che non tartassi il contribuente, ma che sia equa e solidale con chi ogni mattina apre la saracinesca per portare avanti i propri interessi e quelli del nostro splendido paese.

Cercheremo di mettere in luce i disagi anche dei lavoratori, tutelando i loro interessi affinché la macchina impresa sia funzionale e funzionante.

Nessuno verrà lasciato solo con Confedercontribuenti.

Steve Jobs diceva “Andare a letto la notte sapendo che abbiamo fatto qualcosa di meraviglioso: questo è quello che mi interessa”. Non sono Jobs, ma ritengo che la squadra di Confedercontribuentimprese possa realizzare qualcosa di assolutamente straordinario. Siamo pronti.