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UNA TASSA PATRIMONIALE O UN FONDO PATRIMONIALE? SE IL CONVENTO E’ POVERO E I MONACI SONO RICCHI?

Di
Redazione
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20 Maggio 2020

UNA TASSA PATRIMONIALE O UN FONDO PATRIMONIALE? SE IL CONVENTO E’ POVERO E I MONACI SONO RICCHI?



del Prof Antonino Gulisano

La situazione in Italia

Il debito pubblico italiano ad aprile 2019 è di € 2350,00, il PIL è di € 1790,00 alla stessa data, il rapporto debito pubblico / PIL è di 131,28% troppo alto. La ricchezza privata è molto elevata rispetto allo stesso debito pubblico del 131,28%, che ha bisogno di essere riequilibrato se non si vuole rischiare il default. Quali possibili soluzioni? Quindi sarebbe necessaria una soluzione da manuale del libro di economia.

Il debito pubblico è una preoccupazione, ma una preoccupazione maggiore è la bassa crescita. Meno crescita significa più debito pubblico. La preoccupazione è il differenziale patologico del 131,28% tra debito pubblico e PIL. Il rapporto debito/p i l è fisiologico entro un differenziale del 60%.

Alla fine del primo semestre del 2018 la distribuzione della ricchezza nazionale netta (il cui ammontare complessivo si è attestato, in valori nominali, a 8.760 miliardi di euro, registrando un aumento di 521 miliardi in 12 mesi) vede il 20% più ricco degli italiani detenere il 72% della ricchezza nazionale, il successivo 20% controllare il 15,6% della ricchezza, lasciando al 60% più povero appena il 12,4% della ricchezza nazionale. Il top-10% (in termini patrimoniali) della popolazione italiana possiede oggi oltre 7 volte la ricchezza della metà più povera della popolazione. I dati specifici sulla Penisola sono stati raccolti da Oxfam Italia in occasione della diffusione del report internazionale a Davos. Confrontando il vertice della piramide della ricchezza con i decili più poveri della popolazione italiana, il risultato è ancora più netto. La ricchezza del 5% più facoltoso degli italiani (titolare del 43,7% della ricchezza nazionale netta) è pari a quasi tutta la ricchezza detenuta dal 90% più povero degli italiani. La posizione patrimoniale netta dell’1% più ricco (che detiene il 24,3% della ricchezza nazionale) vale 20 volte la ricchezza detenuta complessivamente dal 20% più povero della popolazione italiana.

Nei paesi economicamente più sviluppati la tassazione è generalmente progressiva, cioè colpisce relativamente di più chi detiene più ricchezza o percepisce redditi maggiori, mentre a beneficiare dell’erogazione dei servizi del welfare – voce costituente oltre il 50% della spesa pubblica in Italia – sono solitamente le classi sociali meno abbienti.

Nel nostro Paese un’imposta complessiva sul patrimonio è assente, mentre la tassazione dei beni di proprietà è frammentata in numerose piccole imposte e bolli, per un gettito complessivo pari al 2,7% del Pil. La voce principale riguarda i beni immobili, sebbene la prima casa ne sia esente.

Diversi studi dell’Ocse ritengono opportuno introdurre una patrimoniale in Italia. Per quanto riguarda l’equità, un aspetto correlato che tocca da vicino il nostro Paese è la riduzione delle disuguaglianze. Su questo fronte i dati sono molto chiari: il 43% della ricchezza è appannaggio del 10% più ricco della popolazione. Allo stesso tempo il 20% più povero detiene lo 0,3% della ricchezza e l’8,4% degli italiani si trova oggi in condizione di povertà assoluta.

Un’imposta patrimoniale avrebbe dunque un significativo effetto nella riduzione della disuguaglianza, sia nel momento del prelievo sia nel momento della spesa. Ridurre le disuguaglianze è oggi un obiettivo assai rilevante, soprattutto perché avrebbe un effetto positivo non solo su coloro che beneficiano della redistribuzione nell’immediato, ma anche, nel lungo periodo, sulla società nel suo complesso: diversi studi, infatti, suggeriscono che laddove sono registrati più alti livelli di disuguaglianza la mobilità sociale è più bassa e la crescita è più lenta.

Tuttavia, la riduzione delle disuguaglianze e i benefici ad essa correlati non sarebbero l’unico effetto positivo di una simile misura. I proventi di una patrimoniale fornirebbero una capacità di spesa immediata, che potrebbe essere sfruttata dallo Stato per ridurre gli oneri fiscali dei ceti meno abbienti o per fornire maggiori servizi pubblici.

L’Italia è il paese in Europa con il più basso indebitamento delle famiglie e le nostre imprese mostrano un debito molto più basso rispetto alla media europea.

Chi deve provvedere al convento? Credo a chi appartiene il convento: Ai monaci e quindi loro devono sostenere il convento. E’ plausibile che lo Stato sia in debito e i cittadini si arricchiscono? Non si può sostenere che i debiti siano dello Stato e gli utili dei cittadini privati?

Le ipotesi sono due: o una tassazione patrimoniale progressiva sui patrimoni o creare un Fondo Patrimoniale.

In conclusione:

Se ipotizziamo la disciplina del Fondo patrimoniale come quelle per le famiglie, lo trasferiamo come istituto giuridico allo Stato. L’ipotesi è prevedere di destinare tutto il Patrimonio pubblico italiano e gli asset strategici in questo Fondo patrimoniale indisponibile per il mercato, ma a garanzia per le future generazioni e incrementarlo da parte dei privati con le emissioni di Certificati di Credito del Tesoro restituibili in 25/30. L’obiettivo è:

A) incrementare liquidità per investimenti e far crescere il PIL;

B) parte destinarlo all’abbassamento del rapporto debito pubblico/PIL tra il 60/80%.

In tal modo, dunque, si ha una vera e propria “segregazione patrimoniale” e i beni facenti parte del fondo saranno esclusi dalla generale garanzia patrimoniale, di cui all’ art. 2740 c.c.

Nell’atto di costituzione del Fondo patrimoniale deve essere definito dei beni come beni comuni. Con la costituzione del fondo patrimoniale i frutti dei beni in esso ricompresi – ad esempio i canoni di locazione percepiti dall’affitto degli immobili, oppure gli utili derivanti dalla partecipazione in società imprenditoriali – devono essere utilizzati esclusivamente per i fini di abbattimento del debito pubblico e per ulteriori investimenti infrastrutturali

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Fonte: Editoriali di Quotidiano dei Contribuenti
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