Tanti fondi e pochi cantieri: edilizia scolastica in affanno
Dall’edilizia scolastica arriva un’instantanea emblematica sui travagli del Pnrr, tra cambi di governo, trattative con l’Ue, aumenti di costo dei materiali, carenze d’organico e slittamenti di termini. Il risultato è che, a fronte dei tanti fondi in palio (oltre 13 miliardi se alla dote di partenza aggiungiamo i rabbocchi degli ultimi due esecutivi), i cantieri partiti sono pochi; meno ancora quelli conclusi. Stando all’ultimo aggiornamento della piattaforma di monitoraggio Regis, infatti, su 6.910 progetti registrati per lavori nelle scuole solo 19 risultano chiusi. Numeri da prendere con le pinze vista la loro divergenza rispetto a quelli contenuti nel database dell’Anac (su cui si veda il Sole 24 ore del 20 aprile) ma comunque emblematici. E se è vero che il timing degli interventi era sin dal principio proiettato verso fine piano, con molte consegne in agenda per il 2025 e il 2026, è altrettanto vero che il ritardo accumulato strada facendo rischia di complicare il risultato finale.
Il quadro di partenza
Come spesso accade nel nostro Paese, le fatiche di oggi trovano la loro origine negli errori di ieri. E anche da questo punto di vista l’edilizia scolastica è paradigmatica. Nonostante i buoni propositi di tutti gli ultimi ministri dell’Istruzione un cambio di passo su questo tema non si è ancora visto. E anche il nuovo approccio di sistema introdotto dalla Buona Scuola del 2015 – non limitarsi più a interventi ex post per risolvere le criticità ma programmare il più possibile ex ante snellendo le procedure, ndr – è in gran parte rimasto sulla carta. Tant’è che anche i piani straordinari e le unità di missione che si sono succeduti sono serviti a poco. Complice la frammentazione dei poteri su una materia che, giova ricordarlo, rientra nell’elenco delle competenze concorrenti tra Stato e Regioni e, quindi, sconta le tipiche difficoltà del federalismo all’italiana. Se aggiungiamo che i fondi sono in gran parte dei casi gestiti dal ministero ma gli immobili sono di proprietà dei Comuni (asili, scuole primarie e medie) o delle Province (istituti superiori) il quadro sulle complessità di partenza si fa più nitido. E lo diventa maggiormente se consideriamo che le fonti di finanziamento in ballo, stando al portale dell’edilizia scolastica dell’allora Miur (e oggi Mim), sono oltre una ventina: solo per fare alcuni esempi, si va dai mutui della Bei agli stanziamenti straordinari per le aree terremotate, dai fondi Inail all’8 per mille, dalle indagini diagnostiche alla vulnerabilità sismica. Per finire al Pnrr, su cui ci soffermiamo in questa sede.
Il Pnrr come spartiacque
Sull’edilizia scolastica il Piano di ripresa e resilienza prevede sei linee di intervento. Una delle più ricche (e forse la più tormentata viste le vicende narrate nei mesi scorsi su questo giornale) riguarda gli asili: 3,8 miliardi solo per l’aumento dei posti nei nidi e nelle scuole d’infanzia più altri 900 milioni per le spese di gestione. Il bando per i 3 miliardi di fonte Pnrr (subito incrementati di 100 milioni) risale a dicembre 2021 ed è scaduto a febbraio 2022 ma tra riaperture, scioglimenti delle riserve e difficoltà a stipulare le convenzioni, il termine per aggiudicare i lavori (peraltro europeo, quindi concordato con la Commissione Ue) è slittato dal 31 marzo al 31 maggio. Ferma restando la dead line del 30 novembre per avviarli (il 30 giugno per i progetti in essere transitati nel Pnrr e finanziati con 700 milioni di risorse ordinarie). Posticipo che ha riguardato, e veniamo alla seconda linea di intervento, anche il piano mense da 400 milioni (più 200 aggiunti dal Governo Draghi): la scadenza per aggiudicare i lavori è slittata da marzo ad agosto 2023 e quella per la cantierizzazione da giugno a novembre. La speranza del ministro in carica, Giuseppe Valditara, è che gli strumenti acceleratori voluti nel Dl Pnrr 3 (su cui si veda articolo in basso) possano aiutare a invertire la rotta. Lo stesso auspicio accompagna i quasi 1,2 miliardi destinati alla costruzione di 212 nuove scuole per cui si è svolto nei mesi scorsi il concorso di progettazione. Dopo il ritardo accumulato fin qui e le diverse criticità riscontrate (uno su tutti il rialzo dei costi parametrici rispetto alle previsioni iniziali) il quadro potrebbe rischiararsi grazie al sostegno di Invitalia. Se così fosse il timing previsto (20 settembre per le aggiudicazioni e 31 marzo 2024 per i cantieri) dovrebbe essere rispettato. Stesso discorso sia per i 331 milioni “all inclusive” per le palestre, i cui bandi sono partiti in anticipo, sia per i 5,3 miliardi per la messa in sicurezza delle scuole (inclusi gli oltre 1,2 miliardi dall’esecutivo Meloni). Nonostante lo slittamento dal 20 giugno al 15 settembre per l’aggiudicazione dei lavori non dovrebbero esserci problemi per l’avvio dei cantieri entro novembre e dei collaudi entro il 2026, anche perchè gran parte dei progetti erano già in itinere quando è arrivato il Pnrr. Una ventata di ottimismo che può estendersi al piano 4.0 da 2,1 miliardi per 100mila aule innovative e laboratori per le professioni del futuro: qui le risorse sono state inviate direttamente agli istituti e tutti, alla data del 28 febbraio, avevano completato la progettazione. Entro giugno vanno fatti partire gli affidamenti se si vuole rispettare il traguardo dell’anno scolastico 2024/25.
Fonte: Il Sole 24 ore
.fb_iframe_widget span{width:460px !important;} .fb_iframe_widget iframe {margin: 0 !important;} .fb_edge_comment_widget { display: none !important; }
Source: Per le imprese
Leggi anche: Tanti fondi e pochi cantieri: edilizia scolastica in affanno