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Statali: uno sciopero intempestivo

Di
Redazione
|
7 Dicembre 2020

Statali: uno sciopero intempestivo

di Civismundi

Il governo prova, in extremis, ad evitare lo sciopero generale dei lavoratori della Pubblica Amministrazione indetto dai sindacati di categoria della Funzione Pubblica di CGIL, CISL e UIL per mercoledì prossimo, 9 dicembre, forzando la mano agli stessi segretari generali Landini, Furlan e Bombardieri.

Nel 2016, al tempo del governo Renzi, che aveva come punto di forza della sua propaganda il garantire a tutti gli statali almeno 85 euro di aumento, i sindacati del pubblico impiego firmarono l’ultimo accordo per il comparto, che conteneva un bonus di circa 20 euro mensili per gli stipendi più bassi.Quell’aumento, però, era a tempo. Scaduto nel 2018, non è stato piùrifinanziato. Adesso la ministra della Pubblica amministrazione, Fabiana Dadone, prospetta al sindacato una via d’uscita dallo sciopero, con una lettera aperta in cui s’impegna a rendere strutturale quell’elemento perequativo.

Nella lettera la ministra afferma che si deve “fare di più per le fasce più basse e pertanto sarebbe importante stabilizzare quella misura del tutto temporale e provvisoria che venne introdotta nella tornata 2016-2018 al fine di meglio equiparare l’incremento contrattuale tra chi gode di salari più alti e chi no. L’elemento perequativo, infatti è stato prorogato nel 2018 in attesa che si definisse il nuovo contratto 2019-2021, sarebbe quindi destinato a essere superato ma in considerazione della sua valenza perequatrice credo rappresenti una misura da rendere strutturale».

Il Tesoro ha già messo a disposizione per il contratto degli statali 3,75 miliardi di euro, uno stanziamento che, nelle intenzioni del governo, dovrebbe assicurare un incremento del 4% nelle buste paga dei dipendenti pubblici. La soluzione proposta dalla ministra Dadone non dovrebbe sfondare questo tetto, ma soltanto cambiare la distribuzione degli aumenti: invece del 4% per tutti si avrebbe un aumento più alto per gli stipendi più bassi e più basso per le retribuzioni più corpose. La ministra della PA promette anche di destinare tutte le risorse che arriveranno dai risparmi legati allo smart working alla contrattazione decentrata.

Basteranno questi impegni a convincere le organizzazioni sindacali a rinunciare allo sciopero? Annamaria Furlan, segretaria generale della CISL, è chiara: “la soluzione – ha detto – si può assolutamente trovare e sarebbe benvenuta: basta che il governo non faccia più finta di niente, convochi i sindacati e metta sul tavolo le disponibilità che sono necessarie».

Ma, mentre il governo ha ben altre gatte da pelare (proprio mercoledì va in aula al Senato per tentare di farsi approvare il consenso alla controversa riforma del MES), le polemiche non accennano a spegnersi. L‘Osservatorio sui conti pubblici di Carlo Cottarelli, ha pubblicato in questi giorni uno studio dove si dimostra, dati alla mano, che i contratti del pubblico impiego sono più generosi di quelli del privato. Il presidente di Confindustria, Carlo Bonomi è tranchant:gli statali? Nel Paese sono forse quelli che hanno sofferto di meno”.

La replica del sindacato non si è fatta attendere, CGIL, CISL e UIL della Funzione Pubblica hanno diffuso una nota congiunta, dove affermano che “in questi giorni il sistema mediatico riporta molti dati, da ultimo quelli dell’Osservatorio Cottarelli, con l’obiettivo di screditare lo sciopero. Qualsiasi indicatore venga preso a livello europeo ci dice che i dati italiani collocano idipendenti pubblici italiani al di sotto di quelli di Danimarca, Irlanda, Svezia, Olanda e Germania”.

La volontà della categoria, quindi, è quella di andare fino in fondo con uno sciopero generale che, fin da quando è stato proclamato, ha visto solamente, o quasi, reazioni di imbarazzo, di stupore, quando non di indignazione, soprattutto da parte del mondo del lavoro autonomo e delle professioni cui la stretta della crisi provocata dalla pandemia ha distrutto ogni certezza per il futuro. Giocoforza, si vede nei dipendenti “a posto fisso” della pubblica amministrazione non solo una categoria garantita e protetta, ma anche interprete di una burocrazia lenta e inefficace.

Negativi anche i commenti del mondo politico, a destra come a sinistra, ad eccezione del PD, che ha cercato di fermare lo sciopero e ora tace con malcelato imbarazzo.

Il Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, subito dopo la proclamazione dello sciopero, aveva dichiarato che un impiegato statale oggi, non muovendosi da casa, può esercitare la propria attività con risparmio di tempo e risorse, mentre altre categorie, come gli esercizi commerciali e le partite Iva stanno soffrendo”.

E la stessa ministra Dadone aveva rincarato la dose: “Sanità, scuola, Comuni.  Proviamo a difendere il Paese in questa guerra non decisa dal governo o da chi combatte ogni giorno. Eppure qualcuno pensa di bloccare l’Italia e mettere a rischio la già fragile tenuta sociale. Ciascuno si assumerà le proprie responsabilità”.

I sindacalisti della Funzione Pubblica hanno risposto per le rime alla Ministra Dadone, accusandola di aver “parlato di blocco del Paese esasperando i toni, per coprire la responsabilità della tensione sociale determinata dall’assenza di confronto con le categorie nonostante le nostre reiterate richieste”. “Siamo sottoposti alla legge che regola lo sciopero nei servizi essenziali. Forse non tutti sanno, e tra questi la Ministra viste le sue dichiarazioni, che la legge tutela la necessaria continuità assistenziale, quindi non tutti possono scioperare quando si proclama uno sciopero nel settore pubblico. Il nostro obiettivo non è bloccare i servizi ma esprimere il nostro dissenso”.

In effetti, le rivendicazioni sindacali non si possono ridurre ad una mera richiesta di aumento delle retribuzioni, che comunque sono bloccate da anni. Nella piattaforma rivendicativa, accanto al rinnovo del contratto per tutti i settori pubblici, a livello centrale e locale, a partire da scuola, sanità e forze dell’ordine, trovano posto anche il piano straordinario di assunzioni e la sicurezza nei luoghi di lavoro.

Non sono richieste campate in aria, tutt’altro, e lo sciopero è un diritto fondamentale costituzionalmente garantito. E però, nel particolare momento che il Paese attraversa, anche a nostro avviso la proclamazione di uno sciopero generale, malgrado che i sindacati abbiano assicurato il mantenimento di tutti i servizi essenziali, compresi quelli legati all’emergenza Covid, non può non apparire intempestiva. Ed è quello che pensano anche gli stessi settori sindacali che si occupano di difendere il lavoro privato che, in questo momento di emergenza, deve fare i conti con milioni di lavoratori in cassa integrazione.

Ed a marzo, quando cadrà il divieto di licenziare imposto dal governo, è prevedibile una grande ondata di licenziamenti, dal commercio al turismo, dall’industria metalmeccanica al comparto chimico e così via.

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Source: Da QdC ad Imprese
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