di Xavier Mancoso
Con la nomina di viceministri e sottosegretari, che oggi presteranno giuramento nelle mani del Presidente del Consiglio, il governo Draghi è ora completo nella sua composizione.
Nella serata di mercoledì scorso, a quanto si è capito, Draghi ha tagliato corto definendo la lista di 39 incarichi, 20 uomini e 19 donne, ripartiti col solito bilancino, dopo che da giorni si trascinava una complessa e laboriosa trattativa sui nomi e sulle caselle da occupare.
La trattativa per la squadra dei viceministri e sottosegretari è sempre un momento delicato perché, oltre al braccio di ferro tra i partiti e di tutti i partiti con il presidente del Consiglio, provoca tensioni all’interno dei partiti stessi e, molto spesso, lascia uno strascico di polemiche e di divisioni che si protrae nel tempo.
Questa tornata non ha fatto eccezione, anzi, stavolta è stato particolarmente difficile trovare un equilibrio fra le correnti, tenere a freno le ambizioni personali, riparare, almeno in parte, al forte sbilanciamento del governo a favore degli esponenti maschi e settentrionali e a danno delle donne e dei rappresentanti delle regioni meridionali. Alcuni partiti avevano presentato liste di soli uomini, ma alla fine si è arrivati alla nomina di 19 donne su 39 nomine.
Le tensioni più forti si sono registrate nel Partito Democratico, dove lo scontro sotterraneo fra il segretario Nicola Zingaretti e il ministro Andrea Orlando ha portato al siluramento del sottosegretario uscente all’Editoria, Andrea Mastella, e del viceministro uscente all’Economa, Antonio Misiani, tutti e due vicini a Orlando. Al Mef Misiani è stato sostituito da Alessandra Sartore, assessore al Bilancio della Regione Lazio e donna di fiducia del segretario Nicola Zingaretti.
Anche la piccola corrente del “governatore” della Puglia, Michele Emiliano, ha avuto la sua parte con la nomina di Assunta Carmela, detta Assuntela, Messina a sottosegretaria alla presidenza del Consiglio con delega all’Innovazione e Transizione digitale. In quota Dario Franceschini è andata la conferma di Marina Sereni a viceministro degli Esteri.
Grave, per il PD, non avere propri rappresentanti nei ministeri dell’Interno e della Giustizia.
Forza Italia esce con un bel bottino: la nomina di Giuseppe Moles a sottosegretario alla presidenza con delega per l’Editoria e di Francesco Paolo Sisto alla Giustizia sono particolarmente in linea con le esigenze e la storia personale di Sivio Berlusconi. C’è però un caso Udc, che minaccia di uscire dal groppo di Forza Italia per avere ottenuto la nomina di suoi rappresentanti.
In casa Lega Matteo Salvini, dopo essere stato deluso dalla squadra dei ministri, scelti tra le personalità più vicine a Giorgetti e Zaia, si è rifatto con i sottosegretari, tutti di sua stretta fiducia, nominati in ministeri strategici per la politica leghista: Nicola Molteni agli Interni, Claudio Durigon all’Economia, Gian Marco Centinaio alle Politiche agricole (dove era già stato ministro), Alessandro Morelli viceministro alle Infrastrutture e Lucia Borgonzoni ai Beni Culturali.
Fra i Cinquestelle si rafforza la posizione di Luigi Di Maio, che ha ottenuto la conferma di Laura Castelli a viceministro dell’Economia e diCarlo Sibilia all’Interno. Anche Alessandra Todde, viceministro allo Sviluppo economico, è persona di fiducia di Di Maio.
Insomma, un quadro di equilibri delicato e, all’apparenza, piuttosto fragile. Tuttavia, guardando le persone prescelte, l’impressione è che la complessiva composizione dell’esecutivo indebolisca l’idea di un governo del Presidente, tecnico, di scopo, di unità nazionale, e rafforzi invece l’immagine di una maggioranza politica nuova, con i partiti della coalizione precedente ai quali si sono aggiunti Berlusconi e Salvini.
La sensazione di una maggioranza politica è accentuata dall’esistenza di un’opposizione di destra, quella della Meloni, ed una, per quanto flebile, di sinistra con Sinistra Italiana di Fratoianni.
Se, con ragione, si imputava alle vecchie maggioranze che hanno sostenuto i due governi Conte di essere poco omogenee, questo difetto risulta ingigantito nella nuova situazione.
E questo, se ne può esser certi, porterà molto lavoro extra a Draghi e allo stesso Mattarella.