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Salario minimo, Meloni apre e spunta il lodo Tajani

Di
Redazione
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26 Luglio 2023

«Il salario minimo è un bel titolo, funziona molto bene come slogan, ma nella sua applicazione rischia di creare dei problemi»: la premier Giorgia Meloni torna sul tema, oggetto di una proposta di legge unitaria presentata alla Camera dall’opposizione (tranne Iv), per confermare di essere disponibile «ad aprire ad un confronto», pur sottolineando che la via da seguire è quella di «rafforzare la contrattazione collettiva».

Dal versante opposto, intervengono i leader del M5S Giuseppe Conte («non è un slogan ma è una cosa seria che riguarda quasi 4 milioni di lavoratori») e del Pd, Elly Schlein («siamo disponibili al confronto ma servono atti concreti, il rito dell’emendamento soppressivo. Abbiamo tutto il tempo, ma da subito deve partire il confronto sul merito»). Il riferimento è alla commissione Lavoro della Camera, che si è riunita ieri sera con all’odg il voto sugli emendamenti al testo presentato dall’opposizione per l’introduzione anche in Italia del salario minimo legale (fissandolo in 9 euro lordi). Il presidente della Commissione, Walter Rizzetto (Fdi), ha proposto di non mettere ai voti gli emendamenti, tra i quali figura quello presentato dalla maggioranza soppressivo dell’articolato dell’opposizione, rinviando la discussione generale direttamente all’Aula, che nella seduta di domani si occuperà proprio della proposta sul salario minimo. La maggioranza, pur senza ritirare l’emendamento è intenzionata a proporre in Aula una sospensiva di due mesi, per rinviare a fine settembre la discussione sul salario minimo legale.

«La dialettica costruttiva, anche se contrapposta, è alla base della democrazia parlamentare – ha argomentato la relatrice, Marta Schifone (Fdi)-. Ne siamo convinti, per questo abbiamo dato in commissione il legittimo spazio ai contributi dell’opposizione, con decine di audizioni. La complessità della materia ci ha portati a proporre un supplemento di estensione al dibattito». Il rinvio a settembre però non piace all’opposizione.

Intanto il tema è oggetto anche di una proposta di legge di Forza Italia, presentata alla Camera dal segretario Antonio Tajani che chiede venga calendarizzata in commissione Lavoro. La proposta si compone di due articoli: il primo prevede che «in assenza di un contratto collettivo nazionale di lavoro, si applica il trattamento economico pari all’importo minimo previsto dal Ccnl più applicato, diffuso o prevalente per il settore di riferimento» – individuato con decreto del ministero del Lavoro sulla base di dati Inps – o, in assenza di questo «pari alla media dei contratti collettivi più applicati per settori affini o equivalenti». Il secondo articolo prevede una detassazione fino a 5mila euro di tredicesime, straordinari e notturni per lavoratori del privato con reddito fino a 25mila euro, con la copertura di 1 miliardo affidata in prevalenza a tagli alle spese dei ministeri. Il leader di Azione, Carlo Calenda ha detto di «appoggiarla perché è esattamente come la nostra proposta».

Il tema è stato affrontato ieri anche al Senato, che ha bocciato una mozione del M5S e ha approvato con 82 sì, 60 no e 8 astenuti l’ordine del giorno a firma dei capigruppo di maggioranza che impegna il Governo ad «attivarsi per dare ulteriori risposte al problema del lavoro povero, individuando gli strumenti più idonei anche al di là della soluzione del salario minimo».

L’introduzione del salario minimo legale, infine, divide anche il fronte sindacale: se la Cgil è intenzionata a presentare una proposta sulla scia di quella dell’opposizione, la Cisl per voce del leader Luigi Sbarra si dice «favorevole ad una buona legge che valorizzi ed estenda i contenuti dei contratti più diffusi, per rafforzare la contrattazione collettiva, che non può essere indebolita da eccessivi interventi legislativi».

Fonte: il Sole 24 ore