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Recupero crediti a 201 miliardi, record spinto dal caro bollette

Di
Redazione
|
7 Giugno 2023

La prima istantanea mostra un dato record. Lo stock dei crediti in lavorazione ha raggiunto nel 2022 un livello da capogiro: 201 miliardi di euro, qualcosa come il 10% del Pil, sulla spinta di bollette di luce, acqua e gas di vecchia data non riscosse e Npl del sistema bancario. La seconda registra un calo della redditività delle aziende che devono rintracciare e recuperare quelle somme. Sono queste le principali novità del Rapporto annuale di Unirec, l’Unione nazionale delle imprese a tutela del credito. I dati verranno presentati oggi a Roma nel corso del convegno “Gli scenari del credito tra gestione dei rischi e potenzialità di recupero” in cui si insedierà il nuovo presidente, Marcello Grimaldi, eletto ieri.

Lo scorso anno gli importi affidati sono aumentati del 26% rispetto al 2021 ritornando ai livelli pre-pandemia. L’80% di essi viene gestito in conto terzi . Questa voce è passata in un anno da 106 a 160 miliardi – una crescita di quasi il 50% – con circa 44 milioni di pratiche finite sulle scrivanie degli addetti. A trainare è stato soprattutto il cosiddetto “conto terzi cessionario”, quando cioè il mandato non è affidato dal soggetto che ha concesso il credito (come utilities o banche) ma da un soggetto terzo che ha lo acquistato, come i fondi, e dà mandato alla società di recupero. Questo segmento è balzato in dodici mesi a 105,4 miliardi di euro (dai 57,3 del 2021) per un totale di 15,7 milioni di pratiche. E con un ticket medio da incassare di circa 7mila euro, quasi il doppio rispetto ai 3.619 euro dei crediti complessivi affidati in conto terzi. Qui il settore delle utilities primeggia per numero di pratiche (8 milioni, più della metà del totale e oltre il doppio rispetto al 2021) mentre quello bancario si mette in luce per gli importi (66 miliardi, l’80% in più rispetto all’anno precedente).

«La crescita dei crediti deteriorati nel settore delle utilities – sottolinea il vicepresidente di Unirec Cristian Bertilaccio – riflette l’impatto del caro-energia sui conti di famiglie e imprese. Per quanto riguarda gli Npl, invece, l’aumento è dovuto alle azioni di deleveraging delle banche che hanno portato all’accelerazione della cessione dei crediti insoluti anche grazie alle garanzie pubbliche sulle cartolarizzazioni. La prevalenza del conto terzi cessionario, pari ormai al 67% delle masse gestite rispetto al 54% dello scorso anno, è un nuovo scenario di mercato che le imprese del nostro settore si trovano a fronteggiare, con diversi modelli operativi e nuove competenze richieste».

Incassare quelle somme diventa sempre più difficile: se a livello complessivo solo il 10% del totale viene recuperato (in calo dell’1% rispetto a 2021) per il conto terzi si scende ad appena il 3 per cento. Questo perché, spiega il vicepresidente «rispetto al conto terzi tradizionale i tempi di recupero sono di solito più lunghi e le performance meno brillanti, dato il maggiore intervallo che intercorre tra l’insolvenza e l’avvio dell’azione di recupero. Il credito in questione è stato poi quasi sicuramente oggetto di precedenti incarichi di recupero».

Se si guarda alla tipologia del debitore gli importi riferiti ai consumatori sono ora il 52% del totale, superando per la prima volta quelli delle imprese. Per i primi il valore medio da recuperare è di 3.419 contro gli 11.955 per le aziende. Per queste ultime migliora di un punto percentuale (dal 5 al 6%) il tasso di recupero, mentre peggiora (dal 14 al 12%) quello riferito alle famiglie.

A livello territoriale quasi la metà dei crediti affidati si concentra in quattro regioni: Lombardia, Lazio, Campania e Sicilia. I tassi peggiori di recupero si registrano nelle Marche e in Friuli Venezia Giulia dove appena il 7% degli importi vengono incassati. I migliori nel Lazio, con una performance del 12 per cento.

Analizzando poi la situazione economica del comparto i ricavi totali – secondo gli ultimi dati disponibili riferiti al 2021 – si attestano a quasi 2,3 miliardi, in rialzo del 42 per cento. «I profondi cambiamenti nel mix dei crediti che il nostro settore è chiamato a gestire – dice Bertilaccio – portano tuttavia a un aumento dei costi che sta già iniziando a riflettersi sulla redditività». Tra i vari indicatori spicca il peggioramento del Mon (margine operativo netto) pari all’11,4% del fatturato rispetto al 13% dell’anno precedente. Il dato varia a seconda della classe dimensionale: dal 16,1% delle imprese più grandi (in diminuzione di 3,5 punti percentuali) al 2,7% per quelle più piccole.

Sulla possibile evoluzione quest’anno il vicepresidente preferisce al momento non pronunciarsi data l’alta incertezza. Sulla rampa di lancio è un market watch per monitorare l’andamento del mercato con i primi risultati che verranno diffusi a fine mese.

La principale sfida per il settore sarà l’attuazione della direttiva Ue sui gestori e acquirenti di Npl bancari, che stabilisce nuove regole del gioco e dovrà essere recepita entro dicembre. «Abbiamo analizzato attentamente il testo– dice il segretario generale Michela De Marchi – e l’Italia rispetto ad altri Paesi europei si trova in una situazione più evoluta. Per poter garantire un corretto funzionamento del mercato nel nostro Paese è necessario che nel recepimento il perimetro del provvedimento sia rispettato e venga ristretto ai soli crediti di origine bancaria».

Fonte: Il Sole 24 Ore