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Private market, la via per assicurare buoni rendimenti nel lungo termine

Di
Redazione
|
25 Luglio 2023

Investire in aziende ad alto potenziale di crescita si conferma un fenomeno da monitorare anche per gli investitori italiani decisi a diversificare i portafogli, accrescere i rendimenti e contrastare l’inflazione. Secondo Aifi, Associazione italiana del private equity, venture capital e private debt, queste tre asset class hanno svolto un ruolo fondamentale a supporto dell’economia reale, nel 2022 con una raccolta complessiva superiore ai 7 miliardi di euro e investimenti pari a 27 miliardi per un totale di 1.110 operazioni. Anche il 2023 sembra andare in quella direzione. come documenta l’Osservatorio Pem di Liuc Business school, che per il private equity ha stimato nel primo semestre 2023 numeri in crescita con 194 operazioni rispetto alle 188 registrate nello stesso periodo dell’anno precedente. Anche gli add-on (45% degli investimenti del primo trimestre 2023) nel primo semestre confermano un buon andamento per le strategie di crescita delle aziende partecipate da fondi di private equity.

La scelta delle private bank

Quello del private equity è un settore sul quale si stanno muovendo molte private bank sia con investimenti diretti sia con prodotti dedicati con l’obiettivo di aumentare la generazione di valore dei portafogli nel medio lungo termine. Da anni punta a questa strategia di sviluppo Mediobanca. Mentre se le masse di Azimut nei private market hanno superato i 7 miliardi (il 12% delle masse gestite)Banca Generali ha appena lanciato BG Private Markets, sicav-Sif di diritto lussemburghese, gestita da Banca Generali Fund Management Luxembourg che offre accesso ai fondi Top-Tier e alle migliori strategie di investimento dei principali gestori (tra gli altri Carlyle) con un’offerta diversificata su private equity, private debt, real estate e infrastrutture.

Il private equity, in particolare, suscita sempre più l’interesse della clientela: «per i private banker – spiega Elio Milantoni, a capo di Deloitte M&A Advisory – rappresenta un’asset class interessante sia in termini di rendimenti sia di diversificazione dei portafogli. Dal punto di vista dei primi, il private equity offre il potenziale per generare ritorni superiori rispetto alle classi di attività tradizionali. In particolare, le prospettive di crescita dei rendimenti nel contesto italiano rimangono solide, come evidenziato dalla Private equity survey, secondo cui la maggior parte degli operatori si aspetta Irr target superiori al 25 per cento».

Private equity: pro e contro

In una fase tumultuosa per i mercati pubblici, che presentano ritorni meno prevedibili e potenzialmente più bassi, il private equity può essere un’alternativa ad alto rendimento nelle scelte dei gestori. «Nonostante come asset class possa rappresentare un profilo di rischio più elevato e vada bilanciato all’interno del portafoglio in maniera attenta – spiega Milantoni -, è importante notare come il vantaggio del private equity risieda nel suo approccio svincolato dalle decisioni legate al breve termine e alla volatilità tipiche delle attività quotate. A differenza delle azioni negoziate sui mercati pubblici, gli investimenti in private equity sono caratterizzati da un orizzonte temporale più lungo e da una minore esposizione alle fluttuazioni di mercato a breve termine».

Deloitte PE Index

Il primo semestre 2023 fa registrare un calo delle operazioni di private equity, secondo l’ultima edizione della Deloitte Italy Private Equity Confidence Survey, che fotografa l’andamento delle operazioni negli ultimi sei mesi e monitora attraverso un indice proprietario, il Deloitte PE index, il sentiment degli operatori nel semestre successivo. Le operazioni in Italia sono state 217 (da 281 del semestre precedente) per un controvalore complessivo pari a circa 2,2 miliardi di euro (da 55,1 miliardi della seconda metà del 2022), in calo per la mancanza di mega deal. Come spiega ancora il capo di Deloitte M&A Advisory, «il rallentamento è causato da diversi fattori, tra cui politiche monetarie stringenti, tensioni geopolitiche e contesto macroeconomico incerto. Gli operatori di private equity hanno assunto un approccio attendista e selettivo nella valutazione delle opportunità di investimento e questa maggiore avversione al rischio ha portato minor transazioni».

Operatori ottimisti per il futuro

Nonostante l’andamento del primo semestre, gli operatori di private equity e venture capital si dichiarano ottimisti per la seconda metà dell’anno. Il Deloitte PE Confidence Index segna un valore di 104 punti (a fronte di 101 nel 1S2023) tra luglio e dicembre 2023, che corrisponde a un numero atteso di 225 operazioni, in crescita rispetto al periodo precedente. «Si avverte un ottimismo più concreto sul futuro, – conclude Milantoni – con il 70% degli operatori che vede una crescita, seppur contenuta, del numero atteso di deal per il secondo semestre 2023, in aumento rispetto alla passata edizione, in cui la metà dei rispondenti aveva una view piuttosto pessimistica». Quasi il 70% degli intervistati prevede una stabilizzazione del panorama economico italiano. In particolare, secondo il 73% degli intervistati, i fenomeni inflattivi che hanno interessato i prezzi di energia, materie prime, e costo del lavoro avranno un effetto limitato sulla marginalità delle società in portafoglio, mentre il 60% dichiara di detenere aziende in portafoglio che usufruiranno delle risorse del Pnrr. Il 98,1% degli operatori prevede un impatto negativo delle attuali politiche monetarie restrittive sul mercato italiano del PE/VC fino ai prossimi 18 mesi e diminuisce il deal value medio atteso dagli operatori per il prossimo semestre, con il 75% che non prevede di effettuare investimenti superiori ai 50 milioni. Guardando ai settori di maggior interesse il principale rimane l’Industrial per effetto delle tendenze trasformative e dei trend tecnologici da cui è interessato, seguono il Food & Beverage e l’Ict. Anche il cleantech, tecnologie pulite e sostenibili, guadagna posizioni sul mercato italiano.

Fonte: Il Sole 24 Ore