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PMI italiane a rischio fallimento: sono loro l’anello più debole

Di
Redazione
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18 Luglio 2020

PMI italiane a rischio fallimento: sono loro l’anello più debole

Di Vittorio Sangiorgi (Direttore del Quotidiano dei Contribuenti)


Le piccole e medie imprese, in Italia come nel resto del mondo, restano l’anello più debole del sistema economico, le realtà che pagheranno a più caro prezzo le conseguenze della pandemia. A ribadirlo è il Fondo Monetario Internazionale, nel dossier elaborato per il G20 dei Ministri delle Finanze e dei governatori delle banche centrali, che si riunisce oggi in videoconferenza.

L’istituto con sede a Washington ha analizzato un campione di 17 paesi, ed è arrivato alla conclusione che i fallimenti delle PMI potrebbero, addirittura, triplicare nel 2020 senza un adeguato sostegno politico. Queste importanti realtà, infatti, spesso non hanno accesso ai finanziamenti e non possono, quindi, ottenere dei prestiti per tenere in vita l’attività. A queste condizioni, è sempre l’FMI a dirlo, il rischio di chiusura è sempre più elevato. Davvero preoccupanti sono le conclusioni circa i possibili fallimenti nel nostro paese: L’aumento maggiore si verificherebbe in Italia, a causa al forte calo della domanda aggregata e dell’elevata quota di produzione nelle industrie ad alta intensità di contatto. I settori dei servizi sono i più colpiti, con i tassi medi di fallimento nel Paese che aumentano di oltre 20 punti percentuali nei servizi amministrativi, nell’arte, nell’intrattenimento e tempo libero e nell’istruzione, mentre le attività essenziali, come l’agricoltura, l’acqua e i rifiuti, registrano solo piccoli aumenti nei tassi di fallimento”.

La nota di sorveglianza redatta dal Fondo Monetario Internazionale si conclude con questa riflessione: “I diffusi fallimenti potrebbero pesare sulla ripresa economica, a causa degli ingenti costi di riallocazione del lavoro e del capitale, e causare instabilità finanziaria. La domanda chiave è quindi: ‘Come dovrebbero rispondere i politici?‘”. La risposta a questa domanda è, a nostro avviso, semplice ed immediata. Per esorcizzare questi tetri scenari servirebbero interventi risoluti, sarebbe necessaria riduzione della pressione fiscale, sarebbero vitali degli incentivi per coloro che decidono, coraggiosamente, di fare impresa, si dovrebbe “dichiarare guerra” al mostro burocratico. Spiace rilevare che, fino a questo momento, le risposte della politica sono state di segno opposto e che, i vari decreti messi a punto, sono sembrati del tutto inadeguati.

Netta la posizione di Confedercontribuenti, espressa tramite le dichiarazioni del presidente nazionale Carmelo Finocchiaro: “Con lo sblocco degli investimenti pubblici, volano fondamentale per il settore edile e per la filiera ad esso collegata, è necessario individuare una fascia di lavori pubblici, che non vadano oltre i 5-10 milioni di euro, e che siano dunque abbordabili per le piccole e medie aziende. Anche il sisma bonus e l’eco bonus, nella speranza che i burocrati di turno non mettano i bastoni tra le ruote, possono rappresentare un volano per l’intero sistema. Le PMI non possono diventare succubi dei sub appalti dati da quei grandi gruppi i quali, ormai, più che aziende sono entità finanziarie”.

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Fonte: Dal Quotidiano dei contribuenti
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