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Papa Bergoglio, l’essere gay e la qualità delle parità.

Di
Redazione
|
27 Ottobre 2020

Papa Bergoglio, l’essere gay e la qualità delle parità.

di Aurelio Mancuso
giornalista pubblicista, blogger, presidente Equality Italia

 

Molte cose sono state scritte in questi giorni rispetto alle dichiarazioni del papa, contenute in un film documentario presentato al Festival del Cinema di Roma. Le aree più tradizionaliste e conservatrici del cattolicesimo mondiale hanno reagito o con un inequivocabile silenzio, oppure cercando di sminuire la portata delle parole di Francesco. Dall’altra parte nel movimento lgbt e tra i politici progressisti di tutti i partiti, si sono elevate parole di giubilo. In Italia questo atteggiamento è ancor più comprensibile, perché da sempre il capo della chiesa cattolica ha svolto un ruolo politico pesante, che più volte ha ingerito con gli affari dello Stato. Purtroppo però, entrambe gli atteggiamenti non fanno che sminuire la vera portata delle parole del pontefice, e più in generale il cammino pastorale che sta svolgendo. Sono inoltre maldestre le manovre che hanno inteso far dire al papa parole mai pronunciate; per esempio la necessità che le persone omosessuali non vengano cacciati di casa dai loro genitori, è stata trasfigurata come benedizione delle famiglie omosessuali con annessi figli nati da pratiche come l’utero in affitto. Il papa ha raccomandato ai due coniugi gay che hanno tre bambini, che lo hanno interpellato con una lettera, di non preoccuparsi del giudizio e di portare con fiducia i minori in parrocchia. Ha fatto benissimo, perché i bambini vanno amati e tutelati, indipendentemente dalle scelte operate dagli adulti. Tutti i tentativi di strumentalizzazione a destra e manca, appaiono, quindi, ridicoli, e ignoranti. Bergoglio è un conservatore, un gesuita, che apparentemente può apparire bonario, mentre il suo incedere nella storia recente è deciso, preciso, senza alcun tentennamento, così come hanno ben compreso nelle stanze della Curia romana e i cardinali nominati dai suoi due predecessori. Il tema delle unioni civili, non è nuovo né particolarmente rivoluzionario. Da anni numerose conferenze episcopali, alti prelati, congregazioni (vedi il documento dei gesuiti del 2008), teologi, hanno espresso con parole più o meno prudenti, ma anche chiare, la necessità di dotare di tutele le coppie omosessuali. E tutto ciò è avvenuto in tempi in cui, da una parte i papi polacco e tedesco pronunciavano anatemi sempre più infuocati contro le persone omosessuali, e di converso molti stati approvavano prima leggi sulle unioni civili e poi il matrimonio egualitario. L’arcivescovo di Buenos Aires, proprio a fronte della decisione della premier argentina di approvare il matrimonio, si pronunciò a favore delle unioni civili. Oggi da capo della cattolicità, Francesco ha ripetuto il concetto espresso da cardinale, consapevole che nel frattempo il mondo è cambiato e rimane aperta la vera questione: essere omosessuali è intrinsecamente “disordinato”, così come continua a pensare la Tradizione cattolica? Essere omosessuali, ancorché astinenti, è un impedimento alla consacrazione sacerdotale? Essere uniti in coppia tra persone dello stesso sesso, determina il divieto di accostarsi all’Eucarestia? Sono domande che per ora sono rimaste senza risposta, nonostante alcuni timidi tentativi da parte del Sinodo sulla famiglia. Ma è indubbio che le dichiarazioni di Francesco siano un grande masso scagliato nel torbido stagno del clericalismo cattolico, e che chi come il sottoscritto da decenni si impegna dentro e fuori la chiesa e dentro e fuori la comunità lgbt, a volte stritolato dalle avverse superficiali tifoserie, non possa che gioire rispetto ad affermazioni che si capisce contengono una carica di genuino amore cristiano. Ci vorrà ancora molto tempo, ma la cappa di piombo con cui i clericali hanno avvolto il messaggio evangelico, è finalmente stata incrinata.

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Fonte: Dal Quotidiano dei contribuenti
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