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Le piante riconoscono i parenti e sanno contare

Di
Redazione
|
5 Settembre 2020

Le piante riconoscono i parenti e sanno contare

Di Daiana De Luca (Responsabile Comunicazione Confedercontribuenti)


Se avete il pollice verde e siete amanti delle piante tanto da parlare con loro, ad esempio, raccontando com’è andata la vostra giornata o ricordando loro quanto sono preziose per il vostro benessere, oggi vi diciamo che non solo riescono a comprendervi ma sono addirittura in grado di compiere astrazioni, di riconoscere i loro “parenti”, prendere decisioni e persino di contare; a rivelarlo una serie di studi recenti pubblicati sulle riviste scientifiche Journal of Comparative Psychology, Nature Scientific Reports e Psychological Bullettin & Reviews.

Gli studi, condotti dagli esperti dell’Università di Padova, hanno analizzato le risposte delle piante agli stimoli esterni che, pur non dotate di un organo celebrale, sembrano in grado di svolgere funzioni cognitive. Umberto Castiello dell’Università di Padova ha dichiarato che “sono sempre più numerose le prove che sostengono delle teorie che vedono le piante in grado di rispondere in maniera corretta” agli input provenienti dall’esterno. Il team di ricercatori ha studiato, tra le altre, la Dionea, conosciuta anche come “Venere acchiappamosche”, che, pensate, sembra addirittura in grado di contare i passi compiuti dalla sua preda.

“Abbiamo notato – sostiene il ricercatore – che la pianta intrappolata la preda solo quando l’insetto la innesca due volte entro un tempo massimo di 20 secondi, il che suggerisce che le piante possono ricordare il primo segnale per un breve periodo”.  Secondo  gli studiosi le piante potrebbero avere bisogno di contare i passeli delle loro prede per risparmiare energia ed ottimizzare così le loro risorse…  Altro che “semplici” vegetali… “In un altro esperimento – prosegue Castiello – abbiamo dimostrato che la pianta in fiore di mimosa può ricordare di essere caduta”. I ricercatori hanno lasciato cadere la pianta da un minimo fino ad un massimo di 60 volte da un’altezza minima e, alla fine dell’esperimento, gli stessi hanno notato che la mimosa non ha più piegato le foglie in risposta difensiva, dopo aver compreso che non avrebbe avuto conseguenze nel cadere da quella altezza.

L’autore della ricerca sottolinea, inoltre, che la risposta è stata osservata fino ad un mese di distanza, il che dimostrerebbe l’acquisizione di una memoria a lunga durata. Infine, afferma Castiello “gli arbusti possono riconoscere i loro” parenti” tanto che rilasciano sostanze chimiche quando vengono piantati in prossimità”. Dagli studi condotti pare anche che quando le piante soffrono di mancanza d’acqua possono condividere queste informazioni con i loro vicini inviando segnali attraverso le loro radici. La domanda che a questo punto studiosi, appassionati o semplici amanti del verde non è più se le piante siano o meno organismo cognitivi ma come utilizzino le loro capacità. Lo scopriremo… Ne siamo certi.

 

 

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Fonte: Dal Quotidiano dei contribuenti
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