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Il governo della complessità

Di
Redazione
|
11 Febbraio 2021

di Xavier Mancoso

Cultura di governo è la capacità di misurarsi con la complessità dei problemi, di mettere insieme in una visione sistemica il grande numero di elementi che interagiscono nella realtà sociale, economia, culturale.

Mario Draghi, dopo le consultazioni con i partiti, si è confrontato ieri con le autonomie locali e le parti sociali. Ha sentito i rappresentanti di regioni, province e comuni, i sindacati confederali, CGIL, CISL e UIL,  Confindustria,  l’Associazione delle banche italiane, ed ha voluto incontrare anche le associazioni ambientaliste, WWF, Legambiente e Greenpeace. Credo ne abbia tratto un quadro d’insieme ampio e, appunto, complesso.

L’ex presidente della BCE dovrà capire in fretta la differenza che passa tra il porto sicuro di un Consiglio d’Amministrazione, un bureau dell’alta finanza ed il mare aperto della politica.

Oltre a salvaguardare efficacemente la vita e la salute delle persone, messe a rischio dalla pandemia, il nuovo governo dovrà curare la vita e la salute dell’economia e del lavoro, il cui tracollo rischia di impoverire per decenni  la società italiana, le nuove generazioni.

All’una e all’altra emergenza viene incontro l’Europa, ma è il problema dei problemi con cui misurasi è il tempo.

Ieri mattina a Bruxelles, il Parlamento Europeo, riunito in seduta plenaria, ha ascoltato la relazione della presidente della Commissione Europea, Ursula Von der Leyen che ha parlato della campagna vaccinale, facendo anche autocritica:

Siamo arrivati in ritardo con le autorizzazioni, siamo stati troppo ottimisti sulla produzione di massa, e forse siamo stati un po’ troppo sicuri sul fatto che le quantità ordinate sarebbero state consegnate in tempo utile”.

Tuttavia per la Von der Leyen “Resta l’obiettivo di vaccinare entro l’estate il 70% della popolazione europea ma bisogna fare di più per la produzione di massa dei vaccini necessari”

Ursula ha parlato di “lezione da imparare”, soprattutto in riferimento alla produzione di massa dei vaccini. “Eravamo giustamente – ha detto – tutti molto concentrati sullo sviluppo del vaccino. Ma nel complesso abbiamo sottovalutato la difficoltà della produzione di massa. Normalmente ci vogliono dai cinque ai dieci anni per produrre un nuovo vaccino. Lo abbiamo fatto in dieci mesi. È un grande risultato scientifico, dovremmo esserne orgogliosi.. In un certo senso, la scienza ha superato l’industria. La produzione di nuovi vaccini è un processo molto complesso. Semplicemente non è possibile creare un sito di produzione dall’oggi al domani. Inoltre, questi vaccini hanno fino a 400 componenti e la produzione coinvolge fino a 100 aziende”

E mentre dagli Stati Uniti arrivano nuove accuse alla Cina sulla scarsa trasparenza intorno alle reali origini della pandemia, Ursula Von der Leyen elogia l’Italia indicandola come esempio positivo della campagna vaccinale.

Complessità dei problemi, come si vede, e lotta contro il tempo. Lo stesso può dirsi a proposito del Recovery Fund, di cui martedì sera è stato approvato dalParlamento europeo il regolamento che istituisce il NGEU in modo definitivo. Ha votato a favore anche la Lega di Salvini, che in una settimana ha letteralmente ribaltato la sua linea politica, rimettendosi in gioco per il governo del nostro Paese e cercando di rifarsi una “verginità” in sede europea e atlantica che il leader milanese comprende bene essere necessaria per ambire alla successione di Draghi.    

Ma i tempi in cui il Next Generation Eu dispiegherà i propri effetti sono medo-lunghi, infatti il fondo è vincolato al bilancio 2021 – 2027 dell’UE, quando invece sono piuttosto brevi i tempi in cui si consuma il credito della pubblica opinione ma, soprattutto è brevissimo il tempo a disposizione del nuovo governo per evitare il default di centinaia di migliaia di imprese e rilanciare l’economia del Paese. E, come dice Draghi, adesso, non tra sei mesi o sei anni, è il momento di spendere, ed in questo momento si può spendere soltanto aumentando il debito.

Tornano dunque alla mente le parole pronunciate da Draghi sul debito buono e il debito cattivo. Riuscirà Draghi, usando l’indubbio prestigio di cui gode, a convincere l’Unione Europea ad applicare la golden rule, la regola d’oro, di Delors, basata sul principio che i debiti contratti per investimenti non vanno conteggiati ai fini del rapporto debito-PIL o almeno vanno conteggiati in un capitolo diverso rispetto ai debiti per spese correnti?

E però, stiamo attenti, se si dovesse applicare alla lettera il principio del debito buono, allora dovrebbero saltare non soltanto il cashback e bonus per biciclette e monopattini, ma anche gli altri bonus a imprese e famiglie, le esenzioni fiscali per il mezzogiorno, i sussidi a fondo perduto agli esercenti, per non parlare poi del reddito di cittadinanza.

Insomma, per mettere in atto una rigorosa condotta economica bisognerebbe non dare, ma togliere, mentre il conflitto sociale cova sotto la cenere.

Ecco perché, malgrado l’immancabile luna di miele nella quale egli viene esaltato come salvatore della Patria, i nodi verranno ben presto al pettine e Mario Draghi dovrà esercitare capacità e cultura di governo su un campo per lui affatto nuovo, dove non bastano i dettami del liberismo economico e la preparazione tecnocratica.

 

di Xavier Mancoso

Cultura di governo è la capacità di misurarsi con la complessità dei problemi, di mettere insieme in una visione sistemica il grande numero di elementi che interagiscono nella realtà sociale, economia, culturale.

Mario Draghi, dopo le consultazioni con i partiti, si è confrontato ieri con le autonomie locali e le parti sociali. Ha sentito i rappresentanti di regioni, province e comuni, i sindacati confederali, CGIL, CISL e UIL,  Confindustria,  l’Associazione delle banche italiane, ed ha voluto incontrare anche le associazioni ambientaliste, WWF, Legambiente e Greenpeace. Credo ne abbia tratto un quadro d’insieme ampio e, appunto, complesso.

L’ex presidente della BCE dovrà capire in fretta la differenza che passa tra il porto sicuro di un Consiglio d’Amministrazione, un bureau dell’alta finanza ed il mare aperto della politica.

Oltre a salvaguardare efficacemente la vita e la salute delle persone, messe a rischio dalla pandemia, il nuovo governo dovrà curare la vita e la salute dell’economia e del lavoro, il cui tracollo rischia di impoverire per decenni  la società italiana, le nuove generazioni.

All’una e all’altra emergenza viene incontro l’Europa, ma è il problema dei problemi con cui misurasi è il tempo.

Ieri mattina a Bruxelles, il Parlamento Europeo, riunito in seduta plenaria, ha ascoltato la relazione della presidente della Commissione Europea, Ursula Von der Leyen che ha parlato della campagna vaccinale, facendo anche autocritica:

Siamo arrivati in ritardo con le autorizzazioni, siamo stati troppo ottimisti sulla produzione di massa, e forse siamo stati un po’ troppo sicuri sul fatto che le quantità ordinate sarebbero state consegnate in tempo utile”.

Tuttavia per la Von der Leyen “Resta l’obiettivo di vaccinare entro l’estate il 70% della popolazione europea ma bisogna fare di più per la produzione di massa dei vaccini necessari”

Ursula ha parlato di “lezione da imparare”, soprattutto in riferimento alla produzione di massa dei vaccini. “Eravamo giustamente – ha detto – tutti molto concentrati sullo sviluppo del vaccino. Ma nel complesso abbiamo sottovalutato la difficoltà della produzione di massa. Normalmente ci vogliono dai cinque ai dieci anni per produrre un nuovo vaccino. Lo abbiamo fatto in dieci mesi. È un grande risultato scientifico, dovremmo esserne orgogliosi.. In un certo senso, la scienza ha superato l’industria. La produzione di nuovi vaccini è un processo molto complesso. Semplicemente non è possibile creare un sito di produzione dall’oggi al domani. Inoltre, questi vaccini hanno fino a 400 componenti e la produzione coinvolge fino a 100 aziende”

E mentre dagli Stati Uniti arrivano nuove accuse alla Cina sulla scarsa trasparenza intorno alle reali origini della pandemia, Ursula Von der Leyen elogia l’Italia indicandola come esempio positivo della campagna vaccinale.

Complessità dei problemi, come si vede, e lotta contro il tempo. Lo stesso può dirsi a proposito del Recovery Fund, di cui martedì sera è stato approvato dalParlamento europeo il regolamento che istituisce il NGEU in modo definitivo. Ha votato a favore anche la Lega di Salvini, che in una settimana ha letteralmente ribaltato la sua linea politica, rimettendosi in gioco per il governo del nostro Paese e cercando di rifarsi una “verginità” in sede europea e atlantica che il leader milanese comprende bene essere necessaria per ambire alla successione di Draghi.    

Ma i tempi in cui il Next Generation Eu dispiegherà i propri effetti sono medo-lunghi, infatti il fondo è vincolato al bilancio 2021 – 2027 dell’UE, quando invece sono piuttosto brevi i tempi in cui si consuma il credito della pubblica opinione ma, soprattutto è brevissimo il tempo a disposizione del nuovo governo per evitare il default di centinaia di migliaia di imprese e rilanciare l’economia del Paese. E, come dice Draghi, adesso, non tra sei mesi o sei anni, è il momento di spendere, ed in questo momento si può spendere soltanto aumentando il debito.

Tornano dunque alla mente le parole pronunciate da Draghi sul debito buono e il debito cattivo. Riuscirà Draghi, usando l’indubbio prestigio di cui gode, a convincere l’Unione Europea ad applicare la golden rule, la regola d’oro, di Delors, basata sul principio che i debiti contratti per investimenti non vanno conteggiati ai fini del rapporto debito-PIL o almeno vanno conteggiati in un capitolo diverso rispetto ai debiti per spese correnti?

E però, stiamo attenti, se si dovesse applicare alla lettera il principio del debito buono, allora dovrebbero saltare non soltanto il cashback e bonus per biciclette e monopattini, ma anche gli altri bonus a imprese e famiglie, le esenzioni fiscali per il mezzogiorno, i sussidi a fondo perduto agli esercenti, per non parlare poi del reddito di cittadinanza.

Insomma, per mettere in atto una rigorosa condotta economica bisognerebbe non dare, ma togliere, mentre il conflitto sociale cova sotto la cenere.

Ecco perché, malgrado l’immancabile luna di miele nella quale egli viene esaltato come salvatore della Patria, i nodi verranno ben presto al pettine e Mario Draghi dovrà esercitare capacità e cultura di governo su un campo per lui affatto nuovo, dove non bastano i dettami del liberismo economico e la preparazione tecnocratica.