E’ stato depositato dai legali di Confedercontribuenti il reclamo alla Corte d’Appello del Tribunale di Napoli contro il provvedimento di omologazione concesso lo scorso 17 novembre dal Tribunale di Nola al Cis spa per l’accordo di ristrutturazione del debito con le banche.
Un atto durissimo, quello di Confedercontribuenti, nel quale l’avvocato Concetta Italia, esperta di diritto fallimentare, sottopone ai giudici d’Appello tutta la serie di documentati elementi che avrebbero già dovuto inibire, per legge, ogni possibilità di concedere l’omologazione.
Nel respingere la prima opposizione il Tribunale di Nola faceva riferimento all’accordo di ristrutturazione del debito presentato da Interporto SpA, per il quale non era stata presentata alcuna opposizione, e non a quello relativo al CIS SpA, l’unico contro il quale Confedercontribuenti si era opposta in nome dei soci. Tanto che il giudice di Nola, nel provvedimento di rigetto dell’opposizione riportava esattamente il numero di procedura relativo a Interporto e non quello relativo a CIS SpA. Ne consegue che «il provvedimento oggi reclamato è da ritenersi affetto da nullità per vizi sostanziali che si sono verificati nella formazione stessa del provvedimento, mancando proprio di quel minimo di elementi o presupposti che sono necessari per produrre quell’effetto di certezza giuridica».
A questa prima, clamorosa circostanza, ne seguono altre non meno macroscopiche, tutte dettagliate nel reclamo. Come la mancata presentazione del Bilancio 2015 da parte di CIS SpA, presupposto indispensabile (insieme ai bilanci dei due anni precedenti) per chiedere l’omologazione. Ma quel Bilancio 2015 non lo ha mai né approvato né depositato. Come era dunque possibile concedere l’omologazione?
« A fronte di tale omissione – scrivono i legali Confedercontribuenti – ed a fronte di un accordo interamente basato sulle risultanze del bilancio 2015 (non approvato) non si comprende l’iter logico seguito dal giudicante per condurlo alla omologazione di siffatto accordo in assenza di un documento, che rappresenta uno dei momenti più rilevanti nella vita societaria».
Altre inspiegabili circostanze riguardano poi il professionista attestatore, vale a dire il soggetto chiamato a convalidare la richiesta di omologazione.
Per svolgere un così delicato compito, il professionista deve avere, secondo la legge, i necessari requisiti di indipendenza e terzietà rispetto alle parti e, quindi, assoluta imparzialità. Ma non è questo il caso del professionista prescelto da CIS SpA, perché il professionista incaricato risulta essere già stato il redattore della relazione su incarico di Interporto Campano, società partecipata dal CIS che risulta debitrice del CIS per importi superiori a 30 milioni di euro.
«E’ di tutta evidenza – si legge in proposito nel reclamo – che la giustificazione addotta dal primo giudice, per rendere forzatamente legittima la doppia sottoscrizione del professionista attestatore e che lo ha condotto a non ravvedere un motivo di diniego dell’omologa in quanto la ristrutturazione del debito concerne il medesimo distretto di Nola (che non è soggetto giuridico, ma un’area all’interno della quale operano circa 1.000 aziende), è priva di ogni fondamento giuridico».
Tale, clamoroso conflitto d’interessi, non potrà non avere il dovuto peso specifico nella valutazione del giudici di Appello.
Richiamando ampia e corposa giurisprudenza, l’avvocato Concetta Italia pone poi sul tappeto altri elementi di rilevante evidenza, come il fatto che « l’indebitamento di CIS SpA non dipende, come si vorrebbe far credere dalla relazione ex art. 182 bis L.F., dalla morosità dei soci che non hanno pagato il sub mutuo ma bensì dalla circostanza che il management del CIS con i pagamenti effettuati dai soci non morosi per le rate di sub mutuo anziché diminuire il debito verso le medesime banche che oggi rappresentano il 60% dei creditori, procedeva ad effettuare anticipazioni e finanziamenti a Interporto Campano SpA per € 29.8 mln, facendo accrescere l’esposizione debitoria verso le banche in maniera esponenziale e sospendendo i pagamenti dal dicembre 2011 ad oggi».
Ed ancora, un «altro elemento di forte connotazione di questo Accordo è la blindatura da ogni azione di rivendicazione per anatocismo, ma specificatamente del devastante onere dei derivati». Su tutto, la considerazione che l’intero progetto messo in atto da CIS SpA «è fortemente inquinato dal desiderio del ceto bancario di privilegiare l’Accordo Interporto spa, come si evince dal testo dell’Accordo, strettamente vincolato e subordinato, realizzando un evidente abuso di potere dominante a discapito dei creditori del CIS e dei soci delle società dichiarate fallite i cui giudizi di impugnazione sono ancora sub iudice».
«Attendiamo fiduciosi il giudizio della Corte d’Appello di Napoli sulla base dei tanti, stringenti elementi da noi forniti» – dichiara Carmelo Finocchiaro, presidente nazionale di Confedercontribuenti che nei prossimi giorni sarà nuovamente sentito dagli inquirenti della Procura partenopea che sono al lavoro sul caso CIS di Nola, sulla catena di fallimenti dei soci e sulle oscure circostanze che hanno portato alla crisi occupazionale a Napoli e nel nolano.