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Con il testamentola volontà viene prima della legge

Di
Redazione
|
3 Agosto 2023

La legge italiana dispone che il decesso di una persona provoca l’attribuzione di tutto il suo patrimonio (comprensivo di attività e passività) ai suoi eredi. È erede il soggetto che subentra, per intero o pro-quota, nel patrimonio del defunto. L’erede si distingue dal legatario in quanto quest’ultimo è il beneficiario di una disposizione testamentaria che gli attribuisce un singolo diritto (e, quindi, non l’interezza del patrimonio del defunto né una quota di detto patrimonio).

Gli eredi sono individuati dal testamento (questi sono gli eredi testamentari) o dalla legge, se il de cuius non ha lasciato testamento o ha lasciato un testamento che dispone solo di una parte del suo patrimonio (si veda anche pagina 34): questi ultimi si dicono eredi legittimi e sono i familiari più prossimi del defunto (seguendo la regola generale secondo la quale quelli di grado più prossimo prevalgono su quelli di grado più remoto), con il limite del sesto grado, oltre il quale, a causa della “lontananza” di parentela che vi sarebbe con il defunto, la legge preferisce che sia lo Stato a ereditare (ovviamente, lo Stato eredita l’attivo, ma non risponde di eventuali debiti che il defunto lasci inadempiuti).

Il contenuto e i limiti

del testamento

Se, dunque, si intende lasciare la propria eredità senza che sia la legge a designare gli eredi, bisogna ricorrere alla redazione di un testamento: nel nostro ordinamento giuridico, non è consentito designare i beneficiari di una successione ereditaria e individuare le attribuzioni patrimoniali a loro favore se non mediante un testamento (si veda anche pagina 30).

Si dice «testamento» l’atto con il quale una persona fisica dispone la devoluzione delle proprie sostanze per il tempo in cui avrà cessato di vivere (e si dice «testatore» colui che redige un testamento).

Va peraltro precisato che il Codice civile italiano comprime fortemente la libertà di disporre della propria eredità mediante testamento. Ciò per effetto delle regole della cosiddetta «successione necessaria», vale a dire delle norme che impongono di riservare a favore di determinati stretti congiunti del defunto una rilevante quota del suo patrimonio (la cosiddetta «quota di legittima»). Pertanto, quando si redige un testamento queste regole vanno considerate, in modo da evitare di creare situazioni conflittuali.

Il testamento ha un contenuto essenzialmente patrimoniale, ma può contenere anche disposizioni rilevanti sotto un profilo non strettamente patrimoniale: ad esempio, è possibile che il testatore utilizzi il proprio testamento per domandare la cremazione del suo cadavere o per compiere il riconoscimento di un figlio naturale.

Il testamento può inoltre contenere disposizioni che non hanno rilievo giuridico ma solo un valore morale o religioso, come l’esortazione a determinati comportamenti (non infrequente è il caso del defunto che abbia domandato nel testamento la celebrazione di funzioni religiose a suo suffragio).

I requisiti che deve avere

il testamento

Il testamento è un atto:

unilaterale (e cioè formato con l’espressione della volontà del solo soggetto che intende disporre delle proprie sostanze, quindi, ad esempio, non può essere redatto congiuntamente da due persone);

a forma vincolata (e cioè è ammesso solo se redatto con le modalità imposte dalla legge, vale a dire, principalmente, nelle forme del testamento «olografo», del testamento «pubblico» e del testamento «segreto», illustrate nel prosieguo di questo articolo).

nel testamento, il testatore esprime la propria volontà in ordine alle attribuzioni del proprio patrimonio dopo la sua morte.

È importante sottolineare che la legge non consente il testamento orale: nel nostro ordinamento, vale il principio per cui la volontà testamentaria non espressa nella forma di uno dei testamenti disciplinati dalla legge non ha valore. Non valgono perciò come testamento, ad esempio, le espressioni formulate da un infermo sul letto di morte o le confidenze fatte a persona di fiducia.

Perché un testamento sia valido, è necessario che il testatore, al momento della redazione del documento, sia maggiorenne, non sia legalmente incapace (ad esempio, non sia interdetto) e sia comunque capace di intendere e di volere (pertanto, può fare testamento il soggetto che sia solamente inabilitato).

Dato che la legge non dispone nulla per il testamento redatto da chi si trova in regime di amministrazione di sostegno, occorre concludere che, in linea di principio (e cioè a meno che l’incapacità di redigere il testamento sia esplicitata nel decreto di apertura dell’amministrazione di sostegno), costui ha la capacità di redigere testamento. Salvo che un giudice non accerti che il soggetto in questione si trovasse in uno stato di incapacità di intendere e di volere al momento della redazione del testamento.

La revocabilità del testamento:

esplicita o tacita

Occorre sottolineare anche che il testamento non è irreversibile, in quanto esso è in qualsiasi momento revocabile dal testatore: la legge consente che il testatore possa mutare la propria volontà fino all’ultimo minuto della sua vita. La revoca può avvenire sia in forma esplicita (e cioè redigendo un nuovo testamento e indicando in esso che il precedente testamento deve appunto considerarsi revocato) sia in forma tacita: nella misura in cui il nuovo testamento sia in tutto o in parte incompatibile con il testamento precedente, questo deve corrispondentemente intendersi in tutto o in parte abrogato.

Le forme del testamento:

olografo, pubblico o segreto

Le principali forme di testamento ammesse dalla legge sono tre:

il testamento olografo;

il testamento pubblico;

il testamento segreto.

Il testamento olografo è la forma più facile, economica e riservata, in quanto richiede solo tre requisiti: che il testo sia per intero scritto a mano dal testatore, che il testatore scriva la data in cui redige il testamento e che il testatore apponga la propria firma alla fine delle sue disposizioni. Il pregio è quindi la semplicità; i punti critici sono invece quelli dell’assenza della guida di uno specialista e della reperibilità del testamento dopo la morte del de cuius. Occorre pertanto porsi il problema della conservazione del testamento e del fatto che esso non solo sia rintracciabile dopo la morte del testatore ma anche che non finisca nelle mani “sbagliate” (cioè in quelle di un soggetto controinteressato che lo possa eliminare).

A tali “difetti” rimedia il testamento pubblico, che è un testamento necessariamente redatto da un notaio: in questo caso non solo il testatore beneficia, dunque, dell’assistenza di un esperto della materia per la confezione del testamento, ma anche dell’obbligo del notaio di conservare il testamento con la massima diligenza nel tempo. «Pubblico» non vuol dire che il contenuto del testamento viene divulgato: si tratta infatti di un aggettivo che indica la redazione del testamento da parte di un pubblico ufficiale (il notaio, appunto), il quale ha un dovere di estrema riservatezza sia circa l’avvenuta redazione del testamento sia circa il suo contenuto.

A “cavallo” tra testamento pubblico e testamento olografo sta il testamento segreto: si tratta di un foglio scritto (a mano o a macchina) dal testatore che può essere consegnato a un notaio in una busta chiusa. Quindi si hanno in questo caso sia il pregio dell’assoluta riservatezza circa il contenuto delle disposizioni testamentarie sia il pregio della conservazione del testamento in mani sicure.

Come si può fare per trovare

un testamento

Se si tratta di reperire un testamento pubblico o segreto o un testamento olografo depositato fiduciariamente presso un notaio, bisogna interpellare il notaio depositario oppure, nel caso in cui questi abbia cessato l’attività, l’Archivio Notarile dove sono stati riversati i suoi atti.

Se il testatore non ha lasciato indicazioni sul nome del notaio depositario del testamento (ciò che si rende evidentemente consigliabile), la ricerca del notaio può essere effettuata presso i Consigli Notarili competenti per territorio nelle località in cui operava il notaio dal quale presumibilmente il testatore si è recato.

Un altro sistema di ricerca è quello di consultare il Registro generale dei testamenti, che consente di sapere se una persona deceduta abbia fatto testamento in Italia o in uno degli Stati aderenti alla Convenzione internazionale di Basilea (ad oggi: Francia, Cipro, Turchia, Belgio, Paesi Bassi, Portogallo, Lussemburgo, Spagna, Estonia, Lituania, Ucraina), istituita appunto per facilitare la ricerca dei testamenti.

La consultazione di questo Registro (che si effettua presso gli Archivi Notarili distrettuali, esibendo il certificato di morte della persona di cui si ricerca il testamento) consente dunque di sapere se una data persona abbia fatto testamento e dove il documento si trovi.

Va tuttavia prestata attenzione al fatto che il Registro generale può dare notizia solo dell’esistenza dei testamenti pubblici, dei testamenti segreti e dei testamenti olografi depositati “formalmente” presso un notaio (quest’ultimo è il caso, infrequente, in cui l’autore di un testamento olografo chieda al notaio la redazione di un «atto di deposito» di detto testamento); il Registro, in altri termini, non fornisce notizia dell’esistenza di altri testamenti olografi, quindi sia di quelli depositati “fiduciariamente” a un notaio (o ad altro professionista o ad altro soggetto depositario) sia di quelli che il testatore abbia tenuto presso di sé, tra le proprie carte.

Fonte: IL SOLE 24 ORE