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Come cambiare l’approccio del MES

Di
Redazione
|
8 Dicembre 2020

Come cambiare l’approccio del MES

di Renato Costanzo Gatti

Ritorna alla ribalta politica la questione del Mes, ma questa volta, tra i vari ricatti, grillismi, giravolte berlusconiane, debolezza del governo, rischiamo la caduta del governo, il ritorno alle urne in piena pandemia, la vittoria delle destre, le tensioni con l’Europa, l’esplodere dello spread, le ripercussioni sul Next GenerationEu, rischiamo che andiamo a sbattere.

Non voglio tuttavia soffermarmi sul nostro futuro politico, ma fare alcune osservazioni di merito sul fondo salvastati.

Primo approccio

Che in una comunità, imperfetta come quella europea, si sia pensato a creare uno strumento, il Mes appunto, che in caso di difficoltà finanziarie di un membro dell’unione veda la solidarietà degli altri stati che tramite il fondo aiutano il paese in difficoltà, mi pare una cosa positiva. E ciò anche in considerazione di interventi che hanno avuto, in Spagna per esempio, esiti positivi.

Mi sembra anche ovvio che i paesi che aiutano lo Stato in difficoltà pongano condizioni e regolamentazioni che non possono che essere una limitazione della discrezionalità del paese in difficoltà. Che poi le condizioni poste dall’organo di controllo previsto, possano essere anche sbagliate (nel caso della Grecia gli errori sono stati riconosciuti anche dalla Troika), è cosa umana che deve servire a cambiare la filosofia (e credo che l’importante variazione della filosofia egemone in europa avvenuta con il Next Generation Eu sia figlio di questo riconoscimento).

Sono quindi abbastanza favorevole alla modifica che viene proposta di estendere gli aiuti anche alle banche che fossero in difficoltà. Ma l’esperienza mi suggerisce che in questa modifica del trattato sarebbe meglio considerare un altro elemento che va modificato.

Secondo approccio

Se ci pensiamo bene, un approccio solidaristico verso un paese in difficoltà, se vogliamo adottare una logica lungimirante, non si può limitare ad attivarsi “dopo” che il rischio si è trasformato in “default” incombente, e successivamente presentarsi con attitudine punitiva e paternalistica, come èsuccesso in Grecia. Un approccio intelligente dovrebbe poter intervenire ad evitare che le condizioni del default vengano innescate e si sviluppino: un intervento di accompagno preventivo e collaborativo aiutando a rafforzare le potenzialità del paese è a mio modo di vedere molto più solidale e intelligente.

Se pensiamo che paesi mercantilisti spingono le esportazioni anche verso i paesi dell’unione, arrivando a finanziare tali paesi perché continuino ad importare da loro (vendor financing), dovremmo concludere che domani il paese importatore potrà andare incontro a difficoltà nel ripagare il paese mercantilista esportatore. Un famoso passo di Keynes ricorda che un paese cronicamente in credito dovrebbe preoccuparsi, perché il paese cronicamente in debito prima o poi andrà in default mettendo a rischio la possibilità di riscuotere i crediti maturati.

E questo è quello che succede con un paese che viola costantemente il limite del 6% nella bilancia commerciale e che prima o poi si troverà di fronte a paesi in crisi incapaci di ripagare i debiti accumulati.

E allora ecco il MES, il paese mercantilista esportatore chiederà al MES di aiutare il paese in crisi affinché questo paese ripaghi i suoi debiti.

IL MES NON AIUTA I PAESI IMPORTATORI MA RIPAGA I PAESI ESPORTATORI e tutto ciò gravando sugli altri paesi europei che alla fine sono quelli che pagano.

Ne consegue che un’azione preventiva dovrebbe restringere i limiti di bilancia commerciale positiva spingendo il paese esportatore ad ampliare la domanda interna, restringere la possibilità del paese debole ad importare spingendolo a rafforzare la produzione interna. Insomma adottare come principio la razionalità e non gli atteggiamenti opportunistici di chi usa l’Europa per esaltare il suo mercantilismo.

Nel ricordare che l’Italia è un paese esportatore (moderato) ne deriva che il nemico non è il MES, specie se declinato con la mia proposta, ma l’incapacità di rientrare da un debito creato dal mercato elettorale dei partiti.

Si può anche votare NO in Europa, ma il NO avrebbe più peso se accompagnato da una proposta propositiva che sposti più in alto l’asticella del confronto, non certo con l’atteggiamento ricattatorio alla Salvini o ideologico dei 5S.  

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Source: Da QdC ad Imprese
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