La prossima settimana il Senato avvia la discussione del disegno di legge che vuole vietare gli alimenti prodotti a partire da colture cellulari.
Comincerà martedì 18 luglio la discussione al Senato del disegno di legge sul divieto di produzione e di immissione sul mercato di alimenti e mangimi sintetici. Il provvedimento, fortemente voluto dalla maggioranza di governo e supportato anche da molte delle associazioni degli agricoltori e degli allevatori, mira a vietare preventivamente in Italia qualsiasi alimento prodotto a partire da colture cellulari ancora prima dell’eventuale autorizzazione da parte della Commissione europea.
Già commercializzata negli Usa, in Israele e in alcuni Paesi asiatici, la carne cosiddetta sintetica non è ancora sbarcata sulle tavole d’Europa: ad oggi l’Efsa, l’Autorità europea per la sicurezza alimentare, non ha infatti ancora ricevuto nessuna richiesta di autorizzazione all’immissione sul mercato di prodotti derivati dalla coltivazioni di cellule animali in laboratorio. La ricerca, però, sta andando avanti anche nel Vecchio Continente, e lo stesso mondo accademico italiano si interroga. Lo stesso Senato oggi, in vista della discussione del ddl, ospita un convegno dal titolo “Innovazione a tavola: studiare è meglio che vietare”, dove alcuni professori provenienti dalle Università di Trento, Pisa, Milano, Roma e Parma illustreranno lo stato dell’arte scientifico sulle cellule staminali e sulla carne coltivata.
A tirare le fila del convegno sarà la senatrice a vita Elena Cattaneo, scienziata di fama internazionale e ricercatrice proprio nel campo delle cellule staminali. Che al Sole 24 Ore ha rilasciato un’intervista esclusiva sul tema.
Come Paese e come consumatori, dobbiamo avere paura della ricerca sulla carne coltivata in laboratorio?
L’obiettivo della ricerca è conoscere al meglio delle nostre possibilità un fenomeno o un’innovazione per capirne conseguenze ed effetti. Decidere sulla base delle evidenze scientifiche dovrebbe essere la norma. Per la carne coltivata, e non solo, in Italia, si è decisa un’altra strada: quella ideologica del divieto a prescindere dai dati che si stanno mettendo insieme, e a cui stanno contribuendo anche le nostre università, penso a quelle di Trento e di Tor Vergata. Piuttosto, c’è da avere paura di una scelta di governo che, con leggerezza, si vanta di fare del nostro Paese il primo al mondo a vietare “a priori” ogni genere di carne coltivata, mortificando i nostri ricercatori e tagliando fuori le nostre imprese dalla gara mondiale di investimenti innovativi. Inoltre, se e quando l’Efsa dovesse dare il suo “nulla osta”, l’Italia diventerebbe mero consumatore di una tecnologia prodotta altrove.
In Paesi come Usa, Singapore e Israele c’è un sostegno istituzionale allo sviluppo del settore e la ricerca è incoraggiata a procedere speditamente. La stessa Unione europea ha finanziato dei progetti di ricerca sulla carne coltivata. Sul fronte della regolamentazione, bisogna ricordare che gli iter autorizzativi sono sempre lunghi, articolati e specifici per ogni prodotto. Il pollo a base cellulare prodotto da due specifiche aziende americane ha avuto un primo via libera dalla Fda nel novembre 2022 perché considerato sicuro per il consumo umano, ma solo poche settimane fa il dipartimento dell’Agricoltura Usa ne ha permesso la commercializzazione. Questo significa che la decisione finale è arrivata a valle di ulteriori ispezioni.
C’è chi sostiene che la carne colturale, essendo coltivata in vitro grazie agli ormoni, ci riporterebbe indietro in termini di rischi per la salute. La Ue ha già vietato l’uso degli ormoni negli allevamenti: la carne sintetica violerebbe la normativa? Ma soprattutto: farebbe male?
Durante un’audizione in Senato, un rappresentante Efsa ha sottolineato che la Commissione europea non ha ancora ricevuto richieste di autorizzazione. Qualora dovessero esservi, le valutazioni saranno condotte su singoli prodotti con specifiche formulazioni, tenendo conto delle normative Ue già esistenti volte a regolamentare i cosiddetti “novel food”, anche sulla base dei loro effetti sulla salute. Sulla paura per questi prodotti, credo sia opportuno ricordare che le cellule staminali, necessarie per la carne coltivata, sono studiate da decenni: sappiamo come si riproducono, come si rigenerano creando i tessuti della pelle e degli organi, le usiamo in sicurezza per il trattamento di malattie iniettandole o trapiantandole nel corpo umano. Non c’è motivo per pensare di essere “cavie umane”, come ho sentito dire, rispetto a tecnologie che usiamo già ogni giorno in sicurezza.
Una produzione di carne sintetica su larga scala sarebbe inquinante?
Per rispondere in modo esaustivo bisogna studiare e confrontare l’impatto di una produzione massiva di carne coltivata con quello degli allevamenti che tale innovazione andrebbe a sostituire o comunque alleggerire. Ci troviamo in una fase in cui sarebbe prematuro, se non impossibile visti gli elementi oggi a nostra disposizione, azzardare conclusioni. Certamente l’impatto ambientale è un elemento importantissimo che andrà considerato e monitorato man mano che la ricerca andrà avanti.
FONTE: Il Sole 24ore