DIVENTA SOCIO

Arriva la manovra di bilancio, ma il Paese rischia di affogare: dove sono le proroghe di rottamazione e saldo e stralcio?

Di
Redazione
|
17 Novembre 2020

di Antonello Longo
direttore@quotidianocontribuenti.com

Finalmente il Consiglio dei ministri ha varato ieri pomeriggio, 16 novembre, la legge
di bilancio, che oggi o domani dovrebbe essere depositata alla Camera dei deputati.
Un percorso, ancora una volta, anomalo, che limita la potestà del Parlamento, perché
il testo, composto da 228 articoli, arriva con grande ritardo e la legge, al di là della
quasi scontata questione di fiducia, deve essere approvata entro il 31 dicembre, non ci
sarà tempo per la doppia lettura, Camera – Senato, quindi gli emendamenti potranno
essere presentati solo alla Camera e, poi, il Senato si dovrà limitare ad una semplice
ratifica.
Rispetto alla prima bozza approvata un mese fa “salvo intese” il testo definitivo non
presenta sostanziali novità. Facile riconoscervi il laborioso equilibrio tra le diverse
istanze delle forze di maggioranza, difficile, invece, vedere in questa manovra di
bilancio quello shock economico che può portare il Paese, quando usciremo
dall’emergenza Covid, ad una nuova stagione di ripresa e di sviluppo.
Tanto più che il veto posto ieri da Polonia e Ungheria all’approvazione del bilancio
dell’Unione Europea apre una trattativa che porterà certamente un ritardo nella
disponibilità delle somme del Recovery Fund. E la motivazione del veto è tutta un
programma: Morawiecki e Orban, le cui leadership sono prese a modello da pezzi
importanti della politica italiana, chiedono di eliminare la clausola che vincola i
finanziamenti del Next generation UE ai singoli stati al mantenimento dello stato di
diritto, cioè al rispetto dei diritti fondamentali dei cittadini.
Si aggiunga, poi, che si prepara un nuovo scostamento dalle previsioni di bilancio per
l’anno corrente di almeno 20 miliardi di euro. Tutta spesa in deficit destinata a
tamponare la situazione emergenziale, quindi improduttiva. Mentre proprio ieri
Bankitalia ha comunicato che il debito pubblico ha raggiunto la cifra record di
2,582,6 miliardi, 3,8 in più rispetto allo scorso settembre.
Viaggiamo verso un indebitamento vicino al 160% del totale della ricchezza che il
sistema Paese produce in un anno, almeno se facciamo riferimento al valore aggiunto
che rientra nei parametri di valutazione del PIL, che non sono né indiscutibili né
esaustivi (Ma di quest’argomento parleremo in altre occasioni)
Il conto di questa “abbuffata” di debiti lo pagheranno non solo i nostri figli, ma anche
le generazioni future. Queste riflessioni investono in pieno le responsabilità
dell’Europa: della cancellazione dal debito delle spese affrontate per fronteggiare la
pandemia di Covid 19 bisognerà parlare seriamente. E comunque, anche in fase di
piena emergenza, che pure è indispensabile affrontare con decisione, è necessario
prestare la massima attenzione a come i soldi vengono spesi.
Non bastano bonus e ristori, che spesso assomigliano a spot del governo, è grave,
invece, che nella manovra manchi ogni accenno alla rimodulazione di tutte le
pendenze fiscali, alla proroga delle scadenze fino alla fine dell’emergenza, comprese
le rate di pagamento della rottamazione e del saldo e stralcio delle cartelle esattoriali.
Probleama, questo, che Confedercontribuenti ha messo sul tavolo da tempo con
grande determinazione, perché senza questi provvedimenti l’intero mondo delle
partite IVA, del commercio fuori dalla grande distribuzione, dell’artigianato,
dell’agricoltura su scala sostenibile, rischia di crollare, con danni incalcolabili non
solo per le famiglie e le imprese, ma per lo stesso Stato italiano.
Il Presidente del consiglio, Conte, ha dichiarato che il 2021 sarà l’anno riforma
fiscale e tributaria. Ma al riguardo le anticipazioni fornite dal Ministro dell’economia,
Gualtieri, non sono entusiasmanti, i dieci miliardi da destinare alla riforma, dei quali
ha parlato il M5S, non ci sono, solo qualche piccolo anticipo.
Ma la società italiana non può aspettare, secondo i dati diffusi a metà ottobre dal
Consiglio e dalla Fondazione Nazionale dei Commercialisti, al netto del sommerso e
dell’economia illegale, considerati pari al 12% del Pil, ovvero 215 miliardi di euro, la
pressione fiscale in Italia è la più alta fra i paesi europei, raggiunge il 48,2% (+5,8%
rispetto alle stime ufficiali).
Senza sciogliere questo nodo strutturale l’Italia non si salva.
Restano, con lo sfondo di questo quadro generale le previsioni di spesa, comunque
importanti e ponderose, della manovra di bilancio varata dal governo per l’anno
venturo, che prevede la conferma di misure precedentemente adottate e qualche
novità di rilievo. I lettori ne troveranno una sintesi in altra parte del giornale.